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La Grotta di Diana a Villa d’Este viene riportata alla luce dopo 50 anni di trascuratezza burocratica

Esplosione di bellezza rinascimentale! La Grotta di Diana a Villa d’Este riapre dopo 50 anni di chiusura e un restauro epico finanziato da Fendi. Preparatevi per mosaici luccicanti, miti sexy e viste da urlo su Roma – un vero schiaffo ai turisti che hanno aspettato troppo! #GrottaDiDiana #ArteItaliana #PatrimonioUNESCO #Riapertura2025

Dopo decenni di polvere e decadenza, la Grotta di Diana di Villa d’Este a Tivoli sta per risplendere come una diva dimenticata, pronta a sedurre i visitatori a partire dal 6 maggio 2025. Chiusa per oltre mezzo secolo e restaurata con un intervento da capogiro durato due anni, grazie alla strana alleanza tra l’Istituto autonomo Villa Adriana e Villa d’Este-Villae e la maison Fendi, questa perla del Manierismo italiano è tornata più sfacciata che mai – un trionfo che fa impallidire i soliti musei noiosi.

Questo ninfeo carico di e simbolismo, nascosto nella Passeggiata del Cardinale sotto la Loggia dei Venti, è stato creato tra il 1570 e il 1572 da Paolo Calandrino, ispirato dal genio di Pirro Ligorio per il cardinale Ippolito II d’Este – quel figlio di Lucrezia Borgia e Alfonso d’Este, una famiglia che sapeva come mescolare arte e scandali. Originariamente un omaggio alla dea Diana, simbolo di virtù e caccia, la grotta era dedicata al “piacer honesto et alla Castità”, in contrasto con la Grotta di Venere, votata invece all’“all’appetito, et al piacere voluttuoso”. Ma chi lo sa, forse era solo una scusa per un po’ di divertimento peccaminoso sotto mentite spoglie.

All’interno, preparatevi a un’esplosione di lusso: cariatidi con cesti di frutta vi accolgono, mentre nove bassorilievi policromi restaurati alla perfezione sfoggiano divinità marine e scene mitologiche tratte dalle “Metamorfosi” di Ovidio. Tutto è rivestito da un mosaico sontuoso con stucchi, paste vitree, conchiglie, maioliche e gemme come ametiste e lapislazzuli – un tripudio che fa sembrare i gioielli moderni roba da quattro soldi. Il pavimento in terracotta invetriata, con aquile, pomi e gigli della casata Estense, è un capolavoro che grida opulenza, sfidando chiunque a non invidiare quei vecchi nobili con i loro vizi.

Il restauro? Un vero colpo di genio, affrontando ogni problema della con innovazioni spregiudicate, come una vetrata che protegge dalla furia del vento – quel nemico invisibile che ha rovinato i decori per secoli. Da qui, il panorama è da urlo: dal Monte Soratte ai Castelli Romani, con Roma al centro come una regina dispotica. A partire dal 6 maggio, questo “fantasmagorico antro all’antica” del Cinquecento renderà Villa d’Este, già Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 2001, un must per chi ama l’arte che non si scusa per la sua grandiosità.

Non perdetevi questa occasione di ammirare un’opera che, al , lasciò a bocca aperta, rubando la scena a mostri come la Domus Aurea e ispirando grotte in tutta Europa – perché, diamoci una calmata, l’Italia sa ancora come farvi innamorarvi dei suoi segreti un po’ irriverenti.

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