Svolta Epocale nella Produzione di Carburanti Sintetici
In un’innovazione rivoluzionaria che ha segnato la storia della chimica industriale, il processo Bergius emerge come un metodo pionieristico per trasformare il carbone in idrocarburi liquidi essenziali, come benzina, gasolio e carburante per aerei. Sviluppato inizialmente in Germania nel 1911 e portato su scala commerciale durante la Prima Guerra Mondiale, questo processo implica l’idrogenazione di carbone in polvere, miscelato con olio e un catalizzatore, a elevate temperature e pressioni, per generare prodotti liquidi. Utilizzato ampiamente durante la Seconda Guerra Mondiale per produrre carburanti sintetici, ha perso rilevanza con il ritorno dell’approvvigionamento petrolifero, sebbene i suoi principi di idrogenazione ad alta pressione continuino a influenzare tecnologie moderne, come quelle per i carburanti da biomasse.
Metodo del Processo Bergius
Il carbone in polvere viene miscelato con catrame o oli pesanti e un catalizzatore, come ossido di ferro (III) o solfuri metallici, alla temperatura di 450 °C sotto flusso di idrogeno a una pressione di circa 200 atmosfere. Durante il processo, le catene carboniose del carbone subiscono frammentazione termica e si saturano con atomi di idrogeno, formando idrocarburi liquidi come paraffine e cicloalcani. La reazione semplificata è: Carbone (C) + 2 H₂ → CH₄ (metano), o più in generale, carbone + idrogeno → idrocarburi liquidi. I prodotti includono benzina sintetica, gasolio, olio combustibile, carburante per aerei e gas leggeri, che richiedono separazione e raffinazione successive.
Catalizzatori Utilizzati
Tra i catalizzatori, l’ossido di ferro (III) (Fe₂O₃) è impiegato classicamente, spesso attivato con promotori come ossido di potassio (K₂O) o ossido di calcio (CaO). Il triossido di molibdeno (MoO₃) funge da promotore in combinazioni con ossidi di nichel o cobalto, mentre l’ossido di alluminio (Al₂O₃) serve come supporto. Solfuri metallici, stabili alle alte condizioni, includono disolfuro di molibdeno (MoS₂), solfuro di ferro (FeS o FeS₂), solfuri di nichel (NiSₓ) e solfuri di cobalto (CoSₓ), che resistono alla contaminazione da zolfo e favoriscono la dissociazione dell’idrogeno. La scelta dipende dalla qualità del carbone e dalle condizioni operative, con i solfuri che offrono maggiore resistenza alla disattivazione.