È l’ora del conclave bomba! Cardinale Pietro Parolin, il diplomatico vaticano tuttofare e favorito di Papa Francesco, potrebbe diventare il nuovo Pontefice. Con la sua carriera da spia ecclesiastica tra Nigeria, Messico e Venezuela, e posizioni che strizzano l’occhio ai progressisti senza far arrabbiare i conservatori, è il jolly perfetto. Ma attenzione: 40 voti in tasca non bastano, serve un miracolo! #Conclave2025 #PapaParolin #VaticanoSegreti #ChiesaInCrisi
Cardinale Pietro Parolin, 70 anni e nativo di Vicenza, è il nome che fa tremare le sacrestie: dal 2013 Segretario di Stato della Santa Sede, è il tipo che Papa Francesco ha pescato per i suoi colpi diplomatici da maestro. Mentre il cardinale Angelo Becciu si è ritirato (chissà per quali intrighi), Parolin è papabile per il Conclave del 7 maggio, grazie a quella miscela di astuzia progressista e prudenza conservatrice che fa impazzire tutti. Non un santo noioso, ma un tattico che potrebbe unire le fazioni senza farsi troppi nemici.
Figlio di un commerciante di ferramenta e di una maestra, nato a Schiavon nel 1955, Parolin ha una famiglia da soap opera: una sorella insegnante e un fratello magistrato. A 14 anni, boom, entra in seminario a Vicenza – vocazione precoce come un colpo di fulmine – e nel 1980 diventa sacerdote. Poi, dritto alla Pontificia accademia ecclesiastica per forgiare i diplomatici vaticani, perché lui mirava in alto.
La sua carriera diplomatica? Roba da spy movie: dal 1986 in Nigeria, poi in Messico dove ha negoziato relazioni con la Santa Sede come un vero negoziatore. Tornato a Roma nel 1992, ha lavorato con i cardinali Sodano e Bertone su roba spinosa, tipo i rapporti con la Cina e quelle gerarchie ecclesiastiche divise tra Stato e Papa – un casino che ha gestito senza troppe chiacchiere. Nel 2009, nominato nunzio in Venezuela, dove le tensioni con la Santa Sede erano roventi, ha dimostrato di saper spegnere incendi.
Poi, il grande salto: nel 2013, Papa Francesco lo chiama a Roma come nuovo Segretario di Stato, sostituendo Bertone in un colpo solo. Francesco lo adora per i suoi successi, come l’accordo del 2018 con la Cina sulla nomina dei vescovi – dove l’ultima parola spetta al Papa, ma con l’ok dello Stato, una mezza vittoria che ha placato (un po’) la scissione cinese. Parolin ha anche mediato nel caos Russia-Ucraina, volando a Kiev nel 2022 e chattando via video nel 2024 per liberare preti ucraini: eroe o marionetta, dipende da chi lo chiede.
Ora, perché Parolin è il papabile del momento? Le sue posizioni sono come un cocktail esplosivo: apre alle riforme, non esclude di cambiare il celibato dei preti o rendere la Chiesa più "democratica". Sul fronte omosessualità, non si è sbilanciato esplicitamente sulla dichiarazione "Fiducia Supplicans" del 2023, che ha aperto alle benedizioni per coppie gay, ma ha dichiarato che "la Chiesa non rifiuta a priori il cambiamento, ma che deve essere sempre fedele al dettato del Vangelo". E sull’eutanasia, niente mezzi termini: la condanna è totale, da vero conservatore. Queste idee "intermedie" lo rendono un candidato d’oro, un uomo di Francesco con prestigio da vendere in tempi di guerre globali.
Secondo le solite soffiate giornalistiche, Parolin entra in conclave con 40 voti sicuri – non abbastanza per vincere, ma un bel gruzzolo per trattare. Se eletto, sarebbe il quarto Segretario di Stato a diventare Papa, dopo Pio XII nel 1939: roba che farebbe storia, o scandalo, a seconda di come la vedi.