Siete pronti per una notizia che vi farà storcere il naso? Nell’Antica Roma, lavare i vestiti era un affare puzzolente: usavano l’urina come detersivo super-efficace, perché l’ammoniaca sbiancava le toghe meglio di qualsiasi detersivo moderno! E per renderlo ancora più assurdo, c’era una tassa su quel liquido golden, perché gli imperatori non si facevano scrupoli. "pecunia non olet", eh? #StoriaDisgustosa #RomaAntica #TasseStrane #UrinaUtile
Immaginatevi i fullones, i lavandai romani, che impazzavano nelle loro fullonicae piene di tinozze schifose, dove i vestiti venivano strofinati con urina, carbonato di sodio e cenere per sbarazzarsi dello sporco. Era un lavoro essenziale in un’epoca in cui solo i ricconi avevano l’acqua in casa, e questi tizi dovevano gestire fiumi di acqua e urina per far funzionare la baracca. Sfregavano, risciacquavano, strizzavano con presse e asciugavano – un vero business lurido, ma redditizio come pochi.
E per procurarsi l’urina? Semplice: la rubacchiavano dai bagni pubblici! Con l’espansione dell’Impero, questi lavandai diventarono una miniera d’oro, tanto che l’imperatore Nerone introdusse la prima "tassa sull’urina", il vectigal urinae, per far pagare chi la prelevava. Roba che oggi farebbe impazzire i social, ma all’epoca era puro genio fiscale.
Poi, Vespasiano la reintrodusse, confermando con quella frase iconica che il denaro non puzza affatto. Ecco perché gli orinatoi pubblici portano ancora il suo nome – un’eredità appiccicosa che ci ricorda quanto i romani fossero pratici, sporchi e spietatamente furbi nei affari! 😏