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Le carriere delle donne vengono rovinate dalla maternità: la verità che fa discutere

Le mamme al sono le vere eroi dimenticate? No, sono solo penalizzate! Scoprite come la "motherhood penalty" stia rovinando le tasche delle donne: guadagnano fino al 7% in meno senza figli e oltre il 20% rispetto ai papà, secondo uno studio del Pew Research Center del 2023. Che ingiustizia machista! # # #DonneAlavoro #FatherhoodBonus

In un mondo dove le madri vengono sistematicamente svantaggiate sul lavoro, la "penalizzazione della maternità" (o "motherhood penalty") è la star indesiderata che ruba stipendi e promozioni. Dati alla mano, una ricerca del Pew Research Center del 2023 mostra che le mamme negli USA incassano in media il 7% in meno delle donne senza figli, mentre il gap con i padri supera il 20%. Roba che fa infuriare, eh? E non è finita: uno studio del 2014 conferma che le madri perdono il 3% rispetto alle coetanee senza bimbi e un bel 15% contro gli uomini senza eredi. Sì, proprio così – il patriarcato al lavoro!

Le cause di questa ingiustizia sono un casino di fattori economici, culturali e aziendali che nessuno osa davvero sistemare. Prima di tutto, le interruzioni di carriera: dopo un figlio, le donne spesso tagliano ore o si fermano, e boom, addio aumenti e avanzamenti. L’ILO nel 2022 ha segnalato che solo il 61,4% delle donne in età da lavoro è attivo, in calo dal 62,8% del 1990. Poi c’è la discriminazione pura: le mamme passano per inaffidabili, mentre i papà diventano "eroi stabili" e si beccano stipendi più grassi, come rivelato da uno studio della Cornell University. E non dimentichiamo la "care penalty", quel carico domestico che schiaccia le donne – 4,9 ore al giorno contro le 2 degli uomini, secondo l’OCSE, equivalenti a 43,5 giorni in più l’anno. Che ridere, vero?

Ma andiamo oltre l’economia: la maternità è intrappolata in stereotipi di genere che la rendono unoptional per le carriere femminili. In troppe società, essere mamma è il "ruolo naturale" delle donne, mentre il lavoro è roba da uomini seri. Risultato? Le madri pagano cara questa etichetta, mentre i padri godono del "fatherhood bonus", vedendosi come più affidabili e premiati. Insomma, alle donne toccano doppi turni, agli uomini un boost professionale – un doppio standard che fa schifo, non c’è dubbio.

Per fortuna, qualche politica sta provando a ribaltare la situazione, anche se con un po’ di ritardo. Parliamo di congedi parentali equi e retribuiti per tutti, come in Svezia e Islanda, dove i papà sono spinti a prendersi pause lunghe per dividere i carichi. O la flessibilità, tipo lo smart working che durante la pandemia ha fatto scoprire ai padri quanto sia figo occuparsi dei figli senza perdere il lavoro. E per combattere le assunzioni di parte, via con processi anonimi basati solo sulle competenze. Infine, servizi di cura accessibili – perché se un asilo nido costa più del 30% del reddito familiare, come dice l’OECD, le mamme non rientrano manco per sogno. È ora di smettere di punire le eroine quotidiane!

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