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L’architettura ostile spiegata: le città attaccano i senzatetto e scatenano critiche diffuse

Le città stanno trasformando le strade in campi di battaglia contro i più vulnerabili: spuntoni, panchine impossibili e trucchi da incubo per cacciare via i senzatetto! È architettura ostile al massimo livello – crudele, disumana e ipocrita, che finge di pulire le vie ma solo nasconde la povertà. #ArchitetturaOstile #CittàCrudele #NoAiSenzatetto

L’architettura ostile, quel design perverso noto come hostile architecture o unpleasant design, è la nuova moda urbana che rende le città un incubo per chi non ha un tetto sopra la testa. Borchie taglienti, panchine inclinate e dissuasori diabolici sono sparsi ovunque per scoraggiare cose "sbagliate" come dormire su una panca o bivaccare sotto un portico – ma alla fine, è solo un modo per rendere lo spazio pubblico inospitale, punendo i disperati invece di aiutare. Urbanisti, sociologi e gente comune urlano contro queste “panchine anti-clochard” e simili trucchetti, accusandole di spostare il problema altrove e di disumanizzare le città, marginalizzando ancora di più gli homeless.

Il fenomeno nasce da un passato sporco, legato alle città industriali del XIX secolo, con i primi aggeggi anti-urina in Inghilterra per controllare i poveri. Poi, dagli anni ’70, arriva l’esperto Oscar Newman con il suo libro “Defensible Space” (1972), che promuove design per scoraggiare crimini facendo sentire la gente proprietaria del quartiere. A seguire, la teoria “Crime Prevention Through Environmental Design” di C. Ray Jeffery rafforza l’idea con concetti come sorveglianza naturale e controllo degli accessi. Negli anni ’90, con disuguaglianze in crescita e la scia della "tolleranza zero", queste tattiche si sono estese per "mantenere il decoro" e favorire immobili costosi, cacciando i senzatetto dai centri urbani. È una discriminazione spaziale che ignora il “diritto alla città”) di Henri Lefebvre, dove tutti, ricchi o poveri, dovrebbero godere degli spazi pubblici.

Esempi di questo design infernale spuntano ovunque: panchine divise a metà per impedire di sdraiarsi, spuntoni sotto portici e persino spruzzatori d’acqua notturni. La star è la Camden Bench di Londra, creata nel 2012 dalla Uk Company Factory Furniture: una mostruosità in cemento inclinato che rende impossibile rilassarsi, con superfici anti-graffiti e design anti-spaccio. In Italia, a Parma, le sedute di Piazza Ghiaia sono state trasformate in fioriere metalliche per "combattere il bivacco", scatenando polemiche per l’estetica da incubo. Altrove, negozi a Cardiff usano suoni assordanti contro spacciatori, luci rosa a Mansfield per scoraggiare teen (facendoli sembrare zombie), e vernici anti-pipì ad Amburgo che rimbalzano l’urina sui piedi degli sfortunati – perché, diamine, chi ha detto che la vendetta dev’essere dolce?

Critiche a valanga per questa roba: è crudele, punta dritto ai più fragili e maschera la povertà invece di risolverla. Non riduce i senzatetto, li sposta e alimenta una "criminalizzazione della povertà" che erode l’empatia. Psicologi e sociologi avvisano che equiparare un pisolino in strada a un crimine sfuma i confini tra decoro e diritti umani, rendendo le città "smart" solo a parole – mentre in realtà sono fredde e inaccessibili, penalizzando anziani o chiunque voglia una pausa.

Ma ecco le alternative: petizioni e proteste virali, come coprire spuntoni con materassi, stanno spingendo per un design inclusivo. Progetti come panchine reclinabili o aree protette offrono ripari veri, mentre la Finlandia con l’approccio Housing First ha tagliato i senzatetto fornendo alloggi. Norme come la Legge Padre Júlio Lancellotti in Brasile, approvata nel 2023, bandiscono questi arredi ostili, e a Washington D.C. nel 2022 hanno protetto i senza fissa dimora da discriminazioni. È ora di smetterla con queste cattiverie e progettare città per tutti, non contro i deboli.

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