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I Medici chiamano così le gallerie degli Uffizi: la storia nascosta di un’icona museale italiana sovrastimata

Svelato: La Galleria degli Uffizi, la mecca dell’arte mondiale, era ORIGINARIAMENTE un tetro palazzo burocratico dei Medici! Immaginate: da uffici noiosi a capolavori di Botticelli, tutto per accentrare potere e soldi. Che ironia, eh? #UffiziScandalo #ArteRibelle #FirenzeSegreta

Preparatevi a uno scoop succoso: le iconiche Gallerie degli Uffizi di Firenze, osannate come i musei più cool del pianeta, non sono nate per stupire turisti con opere mozzafiato, ma come un banale centro amministrativo per i Medici, quei vecchi volponi del Rinascimento. Nel 1560, il Granduca Cosimo I de’ Medici ha fatto erigere questo palazzo nel cuore della città per ospitare gli “uffizi”, ovvero gli uffici amministrativi e giudiziari, un modo furbo per tenere le redini del potere a Firenze senza troppi drammi.

E chi ha progettato questo colosso? Il geniaccio Giorgio Vasari, il primo pettegolo della dell’arte, che ha creato un edificio a di "U" con portici da fare invidia, sospeso “in sul fiume e quasi in aria” – sì, proprio come ha detto lui. Vasari non si è fermato: ha ideato anche il Corridoio Vasariano, che collega Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti passando su Ponte Vecchio e ficcandosi nella chiesa di Santa Felicita, prima di finire nel Giardino di Boboli. Per liberare spazio, hanno demolito un intero quartiere portuale, la famigerata "taverna di Baldracca" – un posto malfamato che fa pensare a notti brave romane – e hanno inghiottito l’antica chiesa di San Pier Scheraggio. Roba da far girare la testa!

Il epico è stato completato dopo la dipartita di Vasari e Cosimo I da quel burlone di Bernardo Buontalenti, sotto il Granduca Francesco I de’ Medici, un tipo con più classe che buon senso. È lui il cervello dietro la Galleria, inaugurata nel 1581 al secondo piano, con la stella della sala ottagonale della Tribuna come scrigno di tesori inestimabili.

Parlando di opere, preparatevi a sbavare: dagli affreschi epici come la "Battaglia di San Romano" di Paolo Uccello, ai ritratti da urlo di Piero della Francesca con i duchi di Urbino, fino alle gemme di Leonardo da Vinci come l’"Adorazione dei Magi" e l’"Annunciazione". E non dimentichiamo il re Botticelli: la sua "La Nascita di Venere" e "La Primavera" sono lì a rubare la scena, tutte dal tardo Quattrocento. Imperdibili anche la "Sacra famiglia" (aka “Tondo Doni”) di Michelangelo e la "Madonna col Bambino e San Giovannino" di Raffaello, senza scordare la "Cena in Emmaus" di Pontormo, la "Venere di Urbino" di Tiziano e il "Bacco" di Caravaggio – un tripudio di drama e bellezza dal Cinquecento in poi.

La lista va avanti, gente: Giotto, Cimabue, Artemisia Gentileschi con la sua feroce "Giuditta e Oloferne", e una parata di pesi massimi come Mantegna, Veronese, El Greco e Albrecht Dürer. Non manca nemmeno l’arte moderna, con pezzi di Guttuso, Burri e persino Bill Viola. E per i nerd della scienza, ci sono armi, gemme e strumenti di Galileo Galilei nel Camerino delle Matematiche – roba che fa impallidire qualsiasi gadget contemporaneo.

Alla fine dei Medici, l’astuta Anna Maria Luisa ha sigillato il tutto con il Patto di Famiglia nel 1737, legando l’eredità a Firenze "per l’ornamento dello Stato, per l’utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei forestieri" – un colpo da maestra per evitare che i tesori scappassero. Poi, nel 1789, il granduca Pietro Leopoldo ha aperto al pubblico, riorganizzando tutto con tocchi illuministi. Negli anni, opere sono migrate ad altri musei, e negli anni ’90 c’era quel progetto ambizioso di Arata Isozaki per una nuova uscita – peccato che l’abbiano cancellato, lasciando spazio a espansioni che continuano a rendere gli Uffizi un casino glorioso. Che spettacolo politicamente scorretto!

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