Attenzione, Italia: i referendum che hanno fatto tremare la Repubblica! Dal 1946, il Bel Paese ha ballato con 78 referendum nazionali, dove la maggior parte – ben 72 – erano quelli abrogativi, pensati per spazzar via leggi parlamentarie come quelle sul lavoro e la cittadinanza in arrivo per giugno 2025. Ma occhio al quorum, che spesso non si raggiunge, lasciando politici e cittadini a litigare come al solito. È la democrazia italiana in tutto il suo caos glorioso, con “risorgimentali” plebisciti del passato e casi come il voto del 1946 che ha inchiodato la Repubblica per sempre. #ReferendumItalia #PoliticaCaotica #VotoItaliano
Preparatevi a un viaggio nella storia italiana, dove i referendum non sono solo votazioni, ma veri e propri spettacoli di fuoco e fumo. In Italia, dal 1946 a oggi, ne abbiamo contati 78 a livello nazionale: 72 abrogativi (quelli per cancellare leggi del Parlamento), 4 costituzionali (per confermare modifiche alla Costituzione), 1 istituzionale (scegliere tra monarchia e repubblica) e 1 consultivo (sull’Unione Europea). Prima della Repubblica, c’erano stati quei plebisciti “risorgimentali”, e sotto il fascismo, due consultazioni farlocche del 1929 e 1934 per approvare liste di deputati senza un briciolo di democrazia vera. Roba che fa storcere il naso, eh?
E poi c’è il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, il più epico di tutti, che ha decretato la fine della monarchia e la nascita della Repubblica con un secco 54,7% di voti a favore. I cittadini hanno scelto di mollare la corona e abbracciare la Repubblica, ma attenzione: l’articolo 139 della Costituzione lo inchioda per sempre, dicendo che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Niente ripensamenti, gente – una mossa che fa ancora infuriare i nostalgici!
Passiamo ai referendum abrogativi, i più gettonati e controversi. Niente di simile per i primi 26 anni dalla Costituzione, ma poi è scoppiato il pandemonio: nel 1974, il primo tentò di abolire il divorzio, e vinse il “No”, salvando matrimoni e facendo infuriare i movimenti cattolici. Negli anni ’70 e ’80, abbiamo avuto duelli su aborto e nucleare – uno proposto dai cattolici per cancellare la legge 194, un altro dai radicali per facilitare le interruzioni di gravidanza, entrambi respinti. Nel 1987, addio al nucleore, con voti che cambiarono leggi e chiusero centrali. Negli anni ’90, con la fine della Prima Repubblica, i referendum esplosero, ma ecco il trucco sporco: il quorum divenne un incubo, con partiti che spingevano l’astensionismo per far fallire tutto. I primi a cascarci? Quei tre del 1990 sulla caccia e pesticidi. Dal 1997, solo i quattro del 2011 sull’acqua pubblica, nucleare e “legittimo impedimento” (quella norma che salvava i big dal comparire in tribunale) hanno superato il quorum. L’ultimo, nel 2022 sulla giustizia, ha visto votare solo il 20% – una farsa!
Non dimentichiamo i referendum costituzionali, quattro in totale negli ultimi 25 anni, senza quorum da raggiungere. Nel 2001, ok alla riforma del Titolo V per dare più poteri a regioni e enti locali. Ma poi, i tentativi del 2006 (governo Berlusconi) e 2016 (governo Renzi) sono stati respinti in grande stile, mentre nel 2020 hanno approvato la taglio ai parlamentari – un bel risparmio, o solo un trucco per meno chiacchiere in aula?
Infine, il referendum di indirizzo del 1989, l’unico consultivo e non vincolante, sul futuro dell’Europa: l’88% disse sì alla trasformazione della Comunità in Unione con più poteri e un Parlamento europeo come costituente. E indovinate? L’Unione è arrivata, anche senza una Costituzione vera e propria, solo con trattati che tengono in piedi l’UE. Chissà se è stato un colpo di genio o solo un altro voto simbolico in questo circo politico italiano!