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I parenti e i legami familiari vengono rinominati dalle culture del mondo in modi controversi: le parole di famiglia esposte

Zio? Padre? Fratello? La follia dei legami familiari che sconvolge la tua idea di famiglia! Scopri come in certe culture il tuo "zio" potrebbe essere chiunque, da un amico di famiglia alle Filippine a un tizio random in Africa occidentale. Questi sistemi familiari sono una bomba culturale che sfida il nostro stile occidentale tutto sangue e regole. Ma attenzione: in un mondo sempre più misto, le famiglie migranti stanno scombussolando tutto, rendendo i nostri cari concetti obsoleti. #FamigliaSconvolta #CulturaRibelle #ParentelaPazza

Preparati a un tuffo nei meandri della parentela, dove i nomi non sono solo etichette ma vere e proprie bombe sociali. Prendi il termine "zio": in Occidente è solo il fratello di mamma o papà, bello semplice e senza fronzoli. Ma in altre parti del mondo, come in alcune zone dell’Africa occidentale, diventa un’etichetta per chiunque della generazione dei tuoi genitori, anche senza un goccio di in comune. E nelle Filippine? Beh, perfino un amico intimo della famiglia diventa un "zio", roba che fa impazzire i burocrati.

Ora, tuffiamoci nelle 4 tipologie principali di terminologia di parentela, come classificate dall’antropologo Henry Morgan e aggiornate da studi successivi – roba che ti fa dubitare di chi sia davvero il tuo parente. Prima, il sistema "eschile" o lineare, quello tipicamente occidentale, usato in Europa e America del Nord. È un casino individualista: madre e zia sono come gatti e cani, distinte e separate, così come padre e zio. Fratelli e cugini? Categorie a sé, con ruoli che non si mischiano. Questo specchio la nostra ossessione per la famiglia nucleare, dove contano solo i legami di sangue stretti, perfetto per leggi e burocrazie che amano etichettare tutto.

Passiamo al sistema "irochese", diffuso tra popolazioni indigene delle Americhe e in alcune società africane, dove la linea materna o paterna fa la differenza in modo quasi tribale. Qui, i fratelli del padre – i "zii paterni" – vengono trattati come "padri", mentre quelli della madre sono una a parte. E i cugini? Quelli "paralleli" (figli del fratello di tuo padre o della sorella di tua madre) sono come fratelli, mentre gli "incrociati" sono cugini veri, e in certi posti, pure potenziali fidanzati – sì, avete letto bene, roba che farebbe arrossire i moralisti occidentali. È una rete di alleanze che va oltre il sangue, più simile a un clan che a una famiglia.

Poi c’è il sistema "sudanese", dominante in Medio Oriente, Africa nord-orientale e parti dell’Asia, dove ogni parente ha un’etichetta precisa, come in un albero genealogico impazzito. Niente parola generica per "cugino": il fratello del padre ha un nome diverso da quello della madre, e anche i loro figli hanno termini specifici che dipendono da sesso, linea e generazione. È tutto gerarchico, patrilineare, e non stupisce che i matrimoni tra cugini – specialmente figli del fratello del padre – siano la norma per mantenere il gruppo unito. Una roba che suona un po’ antiquata, ma efficace per chi ama le tradizioni forti.

Infine, il sistema "hawaiano", regnante in Oceania e Sud-Est asiatico, dove tutti sono fratelli e sorelle in un gran calderone. I fratelli dei genitori? Chiamati semplicemente "padre" e "madre", e i cugini? Anche loro "fratelli" e "sorelle". È un mondo collettivo dove l’unità del gruppo batte la biologia, e ogni adulto si occupa dei figli come se fossero suoi. Per noi occidentali, può sembrare un caos totale, ma è solo una rete solidale dove nessuno è lasciato solo – peccato che noi si preferisca complicarci la vita con distinzioni inutili.

In fondo, la parentela è come uno specchio culturale che rivela chi siamo davvero: una mappa che definisce i nostri confini, ma che oggi si sta mescolando alla grande con le famiglie migranti in Europa, che sfidano il nostro caro sistema "eschile" con nuove regole. Non è solo sangue, è una scelta: chiamare qualcuno "sorella" anche se non lo è fa la differenza in un mondo globalizzato. E chissà, magari dovremmo tutti imparare a espandere la famiglia invece di chiuderla in una scatola.

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