Scandalo velenoso dal passato: "Verde di Scheele", il colore che uccideva in stile smeraldo! Immaginate un mondo dove il verde non è vita, ma morte: inventato nel 1775 da un chimico svedese, questo pigmento abbagliante, carico di arsenico, ha infestato tutto, dai vestiti ai dolci, causando avvelenamenti a frotte. Perfino Napoleone potrebbe essere crepato per colpa di carta da parati tossica! #VeleniDelPassato #ScheeleGreen #TossicoAF
Preparatevi a un tuffo nel mondo folle della chimica ottocentesca, dove il "verde di Scheele", una poltiglia letale a base di arsenito di rame, era il must-have per chiunque volesse un po’ di scintillio smeraldo nelle loro vite – peccato che portasse dritto alla tomba. Creato dal geniaccio svedese Carl Wilhelm Scheele, questo colore vivace si diffuse come una pestilenza in Europa e oltre, finendo su pareti, giocattoli e persino copertine di libri, oggi catalogati nel Poison Book Project. Ma ehi, chi se ne curava? Era economico e bello, anche se significava respirare gas mortali ogni giorno.
Poi arriva il "verde di Schweinfurt", praticamente il cugino bastardo e ancora più velenoso, spacciato dalla Wilhelm Dye and White Lead Company nel 1814. Con la sua formula di acetato arsenito di rame, ha tinto di verde tutto ciò che trovava: tessuti, saponette, decori per dolci – sì, avete letto bene, dolci! – ignorando bellamente che l’arsenico, già usato per derattizzare le fogne parigine (da qui il nome "verde di Parigi"), poteva far fuori la gente con un’esposizione prolungata. Insomma, un vero disastro made in Germany, che ha girato il mondo per mezzo secolo mentre i tappezzieri cadevano come mosche.
E gli effetti? Oh, che spasso: nel 1839, il chimico tedesco Leopold Gmelin ha suonato l’allarme, gridando che la carta da parati verde liberava esalazioni di arsenico quando marciva, ma chi l’ha ascoltato? Lavoratori e artigiani si ammalavano, ma l’epoca era troppo occupata a brillare. Peggio ancora, potrebbe aver spedito all’altro mondo il povero Napoleone: tracce di arsenico nei suoi capelli suggeriscono che la sua stanza umida a Sant’Elena, con quella carta parati avvelenata, lo abbia lentamente fatto fuori. Un imperatore schiantato da un colore? Che ironia da quattro soldi.
Alla fine, solo nel 1933, dopo anni di sospetti – grazie al microbiologo italiano Bartolomeo Gosio e al chimico inglese Frederick Challenger – è stato identificato il killer: la trimetilarsina, un gas tossico da quel pigmento marcio. Comunque, se c’è una lezione qui, è che il mondo della bellezza può essere una trappola mortale – chissà quanti "esperti" di oggi stanno ancora giocando con il fuoco. Che debacle storica!