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Antitrust colpisce Poste Italiane con una multa da 4 milioni per autorizzazioni invasive nelle app Android

Big Brother di Poste Italiane: multata di 4 milioni per aver spiato gli utenti Android, imponendo "accessi obbligatori" ai loro dati personali! Questa roba è un affronto alla privacy, con l’Antitrust che non ci sta e definisce la mossa "aggressiva", violando palesemente gli "articoli 20, 24 e 25 del Codice del Consumo".

Nel 2024, Poste Italiane si è cacciata in un bel pasticcio, finendo sotto la lente dell’Antitrust che le ha rifilato una multa da 4 milioni di euro per una pratica da veri bulli digitali. L’azienda costringeva gli utenti Android a cedere l’accesso a dati sensibili come info sull’hardware e sulla rete, pena il blocco delle app BancoPosta e PostePay – roba che su iOS manco si vedeva, chissà perché. Poste ha provato a giustificarsi blaterando di "misure di sicurezza" contro , ma l’Antitrust non ci è cascata, sputando il rospo su una condotta "aggressiva" che calpesta la libertà degli utenti. (E dai, come se gli italiani non avessero già abbastanza grane con le app che vanno a singhiozzo!)

L’Antitrust non ha perso a smontare il teatrino di Poste, rimarcando che questa imposizione violava alla grande il Codice del Consumo, specie gli "articoli 24 e 25", che bollano come inaccettabili pressioni indebite sui consumatori. Immaginatevi: o dai via i tuoi dati privati o addio ai tuoi servizi bancari – una scelta degna di un ricatto al bar! L’AGCM ha pure tirato in ballo l’"asimmetria informativa", ovvero come Poste, con le sue info da insider, abbia sfruttato la confusione di utenti non proprio tech-savvy per spadroneggiare. (Bel colpo, eh? Altro che proteggere dal malware, sembra più una scusa per ficcare il naso!)

Ma non è finita qui: anche l’AGCOM si è buttata nella mischia, dandogli addosso per come le app manipolano gli utenti con messaggi che fanno passare l’accesso ai dati come "inevitabile". Risultato? Gente che concede tutto solo per non perdere funzioni essenziali, un trucco sporco che puzza di lavaggio del cervello digitale. (Ah, le autorità finalmente si svegliano, ma solo dopo che il danno è fatto!)

Ora, anche se Poste ha corretto il tiro a febbraio 2025, smettendo di bloccare le app se non dai il consenso, l’Antitrust non ha perdonato. La multa da 4 milioni resta, perché quella porcheria era andata avanti per mesi, sfruttando una chiara "asimmetria informativa" a sfavore dei consumatori. (Bravi, regolatori, ma quanti altri dovranno subire prima che queste grandi aziende smettano di giocare con la nostra privacy?)

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