Scioccante bufala letteraria: ‘Elementare, Watson!’ non è mai stata pronunciata da Sherlock Holmes! Pensavate che il detective più geniale di Londra sfoderasse questa frase con la sua solita aria da saputello? Be’, sorpresa: è un’invenzione totale! Conan Doyle, l’autore, non l’ha mai scritta nei suoi libri, eppure è diventata un modo di dire che tutti usano come se fosse ovvio. Preparatevi a scoprire la verità dietro questo falso colossale, perché la realtà è più twistata di un giallo di Baker Street. #SherlockHolmes #FalsoMito #ElementareWatson
Ma andiamo al sodo: “Elementare, Watson!” proviene da un libro che non c’entra niente con le storie originali. Secondo le fonti, la frase debutta nel romanzo Psmith, Journalist di P.G. Wodehouse nel 1909, dove il protagonista la usa come omaggio a Holmes, e da lì esplode nei film e nei teatri. Prendete il film Il ritorno di Sherlock Holmes del 1929, diretto da Basil Dean: ecco che la battuta appare per la prima volta sullo schermo, trasformandosi in un’icona virale prima del tempo.
E nei veri racconti di Conan Doyle? Facendo una caccia al tesoro nelle edizioni Mondadori, “elementare” spunta ben 8 volte, ma mai nella forma che tutti amiamo odiare. Per esempio, in Il segno dei quattro (1890), Holmes sbotta: “La cosa è di una semplicità elementare”, ridacchiando del povero Watson stupito. O ancora, in Il mastino dei Baskerville (1901): “Interessante, anche se elementare”. Insomma, il concetto c’è, ma senza quel tocco supponente che fa tanto “io so tutto e tu no”.
Watson, il braccio destro e coinquilino fedelissimo, meriterebbe un capitolo a parte. Ex ufficiale dell’esercito britannico, si becca spesso le frecciatine di Holmes, come in Un caso di identità (1891): “Tutto questo è divertente, ma abbastanza elementare, e io, caro Watson, devo mettermi al lavoro”. I due si incontrano in Uno studio in rosso (1887), quando Watson cerca casa e finisce a vivere al 221B di Baker Street grazie a un’amico comune. La loro amicizia dura 10 anni, con Watson che usa le sue skills mediche per risolvere casi, si sposa con Mary Morstan e poi torna da Holmes da vedovo. Critici lo chiamano l’alter ego di Conan Doyle, un medico come lui, ma ammettiamolo: è solo il perfetto sidekick che tutti invidiano.
In L’uomo deforme (1893), Holmes gli dice: “Elementare” mi rispose, spiegando le sue deduzioni magistrali. O in Il segreto degli occhiali a Pince-Nez (1904): “Vi garantisco che le mie deduzioni sono di una semplicità elementare”. E via così, in La scomparsa di lady Frances Carfax (1911) e L’avventura del soldato dal volto terreo, dove Holmes ammette che alcuni casi sono elementare, ma con quel ghigno che fa saltare i nervi. Insomma, una bufala deliziosamente irritante che dimostra come le leggende battano la realtà!