Attenzione, piloti! Eiettarsi da un caccia è come un giro sulle montagne russe dell’inferno: un gesto epico che ti spara via a 14 g di accelerazione, rischiando di frantumarti le ossa e farti vedere le stelle (o il blackout). Ma chi se frega del dolore, se è l’unica via per non schiantarsi? Preparatevi a scoprire i segreti sporchi di questa tecnologia da film d’azione, dove il corpo umano è solo un passeggero riluttante. #EiezioneLetale #PilotiAlLimite #AereiMilitari
Immaginate la scena: il pilota afferra la maniglia e boom, viene catapultato fuori dall’aereo come un tappo di champagne esploso. Tutti noi l’abbiamo vista in qualche film d’azione, ma la realtà è molto più brutale e rischiosa di quanto Hollywood ci faccia credere. I seggiolini eiettabili sono gli eroi non celebrati degli aerei militari, dispositivi high-tech che salvano la pelle nei momenti peggiori, ma non senza un bel po’ di dolore e rischi folli.
Perché eiettarsi? Semplice, perché l’alternativa è finire in un fireball contro il suolo – un piano B per quando il tuo jet decide di impazzire. Questi seggiolini non sono giocattoli: prendi l’ACES II, prodotto da Collins Aerospace e montato su bestie come l’F-16, o quelli del britannico Martin-Baker, usati persino dalla nostra aviazione italiana. Sono progettati per funzionare in condizioni “zero-zero”, zero altitudine e zero velocità – sì, potresti eiettarti da un aereo fermo, ma chi diavolo vorrebbe farlo?
Le prime fasi dell’eiezione partono con un gesto fatale: il pilota tira la maniglia, e da lì non c’è ritorno. Le cinture si stringono come un boa constrictor, bloccando spalle e gambe per evitare che gli arti volino via a quelle velocità da brividi. Per superare il tettuccio in plexiglass, o lo fai saltare con esplosivi (jettisoning) o lo sfondi con una corda detonante MDC che lo frantuma in 0,2 secondi piatti. Se non c’è, il sedile usa punte metalliche per romperlo – roba che fa sembrare un videogioco una passeggiata al parco.
Poi arriva il momento clou: sotto il sedile, un sistema a due stadi ti spinge via dall’abitacolo con una carica di gas e un razzo a propellente solido. L’accelerazione schizza a 14 g, con il corpo del pilota che pesa come una tonnellata e mezzo – il sangue corre ai piedi rischiando un “blackout”, e la spina dorsale subisce un pestaggio che spesso finisce in fratture. È violento? Assolutamente, e se non sei pronto, potresti uscirne più rotto che salvato.
Nelle fasi finali, c’è il windblast: un urto con l’aria a 1.000 km/h che ti fa sentire come se stessi nuotando in cemento. Per non girare come una trottola, si apre un paracadute di stabilizzazione, il drogue chute. Un computer decide quando rilasciare il pilota e aprire il paracadute principale, di solito sotto i 3.000 metri, attivando anche il kit di sopravvivenza con radio, acqua e magari una zattera – perché, diamine, atterrare non è la fine, è solo l’inizio del casino.
Eiettarsi non è roba da eroi puliti: è un incubo che lascia fratture, traumi e ricordi da incubo, ma funziona lo stesso. Questa invenzione geniale dà ai piloti una seconda chance, anche se con un prezzo salato – perché in guerra, o sei furbo o sei morto. Che ne dite, è valsa la pena?