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La riforma della giustizia divide le carriere: rischi di sconvolgimento e meccanismi nascosti nel sistema

Separazione delle carriere dei magistrati: rivoluzione o caos in vista? Il Senato dice sì, ma i rischi sono enormi!
Oh, che colpo di scena! Il Senato italiano ha appena approvato la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici con un voto schiacciante – 106 a favore, 61 contro e 11 astenuti. Dite addio ai magistrati che saltano da un ruolo all’altro come se niente fosse: oggi, un concorso unico permette a chi lo supera di scegliere se fare l’accusatore (il PM, che caccia criminali e fa tremare i potenti) o il giudice (quello che decide chi vince e chi perde). Ma questa riforma rischia di essere un vero terremoto, separando tutto fin dall’inizio con due concorsi distinti e due Consigli Superiori della Magistratura (CSM) apposta. Non è ancora legge, però: serve un altro sì da Camera e Senato, e magari un referendum, a meno che non ci sia una maggioranza bulgara per evitare il casino.

Ehi, ma come funzionano le cose adesso? Per diventare magistrato, serve una laurea in Giurisprudenza e un concorso pubblico feroce: una volta dentro, puoi optare per essere un pubblico ministero, alias il “cacciatore di colpevoli”, che indaga, accusa e spinge per la condanna, agendo come il braccio dello Stato – non esattamente un tipo imparziale, visto che il suo è inchiodare l’imputato. Oppure, puoi fare il giudice, che deve essere super partes, ossia il santone imparziale che interpreta la legge e decide in modo “equo” per tutti, senza favoritismi o conflitti. Tutto questo sotto l’ala protettrice del CSM, che tiene la magistratura lontana dalla sporca politica, garantendo quella separazione dei poteri che in Italia è sacra come una partita di .

Ma se questa riforma passa, oh mamma mia, cambia tutto! L’articolo 104 della Costituzione verrebbe stravolto, creando due caste distinte: giudici da una parte, PM dall’altra, con CSM separati e il Presidente della Repubblica a fare da capo supremo. Niente più magistrati che cambiano casacca: i nuovi CSM avranno membri estratti a sorte da elenchi di giuristi, con togati pescati tra i magistrati e laici selezionati dal Parlamento. E c’è pure una nuova Alta Corte disciplinare per punire i magistrati birichoni, composta da 15 membri sorteggiati tra esperti e veterani – incarico di soli 4 anni, senza bis. Roba che sembra uscita da un thriller giudiziario, ma attenzione: potrebbe essere una trappola per far infiltrare più politica nelle procure.

I pareri? Un casino, come al solito! I fan della riforma gridano vittoria, dicendo che così si evitano condizionamenti da brividi – immaginate un ex PM che diventa giudice e condanna qualcuno basandosi sui suoi vecchi pregiudizi. “Così garantiamo più imparzialità”, urlano, evitando che magistrati passati all’attacco finiscano a giudicare gli stessi casi. Ma i critici, quelli tosti, ribattono che è una bufala: dal 2019 al 2022, solo lo 0,83% dei PM è passato ai giudici e viceversa, quindi chi se ne frega? Temono che questa mossa regali più potere al governo, minando l’indipendenza dei PM e aprendo la porta a influenze losche. E per logica, dovremmo separare anche giudici di primo e secondo grado, o di merito e legittimità – un’idea che suona come un’ulteriore follia burocratica. Che casino, Italia!

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