L’olio lampante è uno dei prodotti più antichi derivati dall’olivo e rappresenta una risorsa fondamentale nella storia dell’illuminazione. Prima dell’avvento dell’elettricità, l’uomo si affidava a fonti naturali per produrre luce, e tra queste l’olio di oliva aveva un ruolo centrale.
L’evoluzione storica e gli usi sorprendenti
L’olio lampante, derivato dalle olive di qualità inferiore o cadute a terra, ha una
composizione ricca di
acidi grassi liberi che lo rende inadatto al consumo umano diretto, con un’acidità spesso superiore al 3%. Questa sostanza, composata da
trigliceridi e composti ossidati che causano odori intensi e sapori sgradevoli, è sempre stata un combustibile potente per lampade, illuminando abitazioni e riti religiosi fin dall’antichità. La sua capacità di bruciare con fiamme costanti, nonostante le carenze organolettiche, ha preservato una tradizione millenaria, trasformandolo in un elemento essenziale per processi industriali moderni.
Le applicazioni moderne e le controversie inedite
In epoca contemporanea, l’olio lampante continua a essere una materia prima per raffinazione, che lo converte in prodotti commestibili o per usi come cosmetici e detergenti, grazie al suo elevato potere calorifico e densità di circa 0,91 g/cm³. Tuttavia, il suo impiego in misture dichiarate come extravergine ha scatenato allarmi, con sequestri di migliaia di litri di olio contaminato, come nel recente caso in cui sostanze non idonee sono state scoperte in forniture pubbliche, evidenziando rischi per la salute e l’urgenza di controlli rigorosi come delineati dal Regolamento dell’Unione Europea n. 1308/2013.
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