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Recenti studi rivelano proprietà rivoluzionarie dell’attinio

L’attinio emerge come un elemento chimico affascinante della serie degli attinidi, uno dei primi metalli radioattivi a essere identificato, con un aspetto bianco-argenteo e lucente che cela una radioattività intensissima. Questo elemento esibisce una reattività che echeggia quella del lantanio, condividendo numerose proprietà in modo straordinario, e si trova in natura solo in tracce nei minerali contenenti , viene ottenuto principalmente per via artificiale nei nucleari, rivelando un potenziale nucleare elettrizzante.

Proprietà radioattive sensazionali

L’attinio brilla debolmente di azzurro al buio grazie alla ionizzazione dell’aria provocata dalla sua radioattività intensa, un fenomeno di scintillazione dell’aria che cattura l’immaginazione. Non ha isotopi stabili, con più di trenta noti, tra cui Ac-227 e Ac-225, i quali decadono emettendo particelle e raggi che potrebbero rivoluzionare applicazioni mediche e nucleari, nonostante la loro tossicità estrema.

Applicazioni mediche transformative

L’attinio, specialmente l’isotopo Ac-225, sta generando un buzz nella terapia oncologica avanzata attraverso la Targeted Alpha Therapy, dove le sue emissioni di particelle α distruggono cellule tumorali con precisione chirurgica. Questa tecnica lega l’elemento a molecole bersaglio per attaccare selettivamente i tumori, offrendo una promessa elettrizzante per trattamenti innovativi, anche se la scarsità e la produzione complessa limitano ancora il suo impatto globale.

L’attinio si presenta come un metallo solido di colore bianco-argenteo, dall’aspetto brillante, ma tende ad ossidarsi rapidamente a contatto con l’aria, formando una sottile patina che ne altera il colore. Dal punto di vista fisico, ha una densità relativamente elevata, un punto di fusione intorno ai 1050 °C e un punto di ebollizione che supera i 3000 °C, valori che ne confermano la natura metallica.

Da un punto di vista chimico, l’attinio è estremamente reattivo, tanto da reagire facilmente con ossigeno, alogeni e acidi, liberando idrogeno. La sua configurazione elettronica [Rn] 6d¹7s² lo colloca come primo elemento della serie degli attinidi, anche se mostra un comportamento simile a quello del lantanio, con il quale condivide la tendenza a formare composti trivalenti.

Lo stato di ossidazione più comune è +3, e in soluzione acquosa, lo ione Ac³⁺ forma composti trivalenti analoghi a quelli del La³⁺, come il cloruro di attinio (AcCl₃) e il nitrato di attinio (Ac(NO₃)₃), che sono igroscopici e solubili. Il raggio ionico di Ac³⁺ è di circa 1.11 Å, solo leggermente maggiore di La³⁺ (circa 1.06 Å), il che giustifica la forte somiglianza nel comportamento chimico.

Queste analogie spiegano anche le difficoltà nella separazione dell’attinio dai lantanidi nei processi estrattivi: le loro proprietà chimico-fisiche sono talmente simili che servono tecniche selettive come l’estrazione con solventi o lo scambio ionico per isolarli efficacemente.

L’attinio fu scoperto alla fine del XIX secolo e ha giocato un ruolo cruciale negli studi pionieristici sulla radioattività, continuando a essere oggetto di ricerca in ambito nucleare e medico, seppur con applicazioni molto limitate a causa della sua tossicità e scarsità.

L’attinio fu identificato nei residui radioattivi derivanti dal trattamento di minerali contenenti uranio, in particolare la pechblenda, e descritto come un elemento simile al titanio e successivamente al torio, ipotizzandone la presenza sulla base delle sue proprietà radioattive, conferendogli il nome actinium.

Pochi anni dopo, una sostanza radioattiva simile fu isolata indipendentemente e chiamata emanio, ma i suoi studi si rivelarono molto più accurati dal punto di vista chimico. Nonostante questo, il nome attinio fu mantenuto, e la priorità della scoperta venne ufficialmente attribuita.

La scoperta dell’attinio avvenne in un contesto storico cruciale per la nascita della chimica nucleare, pochi anni dopo l’individuazione della radioattività e dei lavori pionieristici che hanno anticipato l’identificazione degli altri attinidi e aperto la strada alla comprensione delle serie di decadimento nucleare.

Gli isotopi più importanti sono Ac-227, che è l’isotopo più stabile e l’unico presente in natura, parte della catena di decadimento dell’uranio-235, con un tempo di dimezzamento di circa 21.8 anni, e decade principalmente per emissione di particelle β⁻, ma in misura minore può anche emettere particelle α.

In passato, Ac-227 è stato utilizzato come sorgente di neutroni, combinato con il berillio, in applicazioni di laboratorio e per l’avvio di nucleari. Tuttavia, oggi il suo utilizzo è molto limitato, a causa della pericolosità della sua radioattività e della disponibilità di alternative più efficienti.

Ac-225 ha un’emivita di circa 10 giorni ed è caratterizzato da una serie di decadimenti α consecutivi, che liberano una grande quantità di energia in spazi molto piccoli, distruggendo efficacemente le cellule bersaglio.

Grazie a queste proprietà, Ac-225 è impiegato nella Targeted Alpha Therapy, una tecnica sperimentale che consiste nel legare l’attinio a molecole dirette specificamente verso le cellule tumorali. In questo modo, le radiazioni α colpiscono selettivamente le cellule malate, lasciando intatti i tessuti sani circostanti.

L’efficacia di questo approccio ha portato a un interesse crescente, tanto che negli ultimi anni sono stati avviati diversi studi clinici. Tuttavia, la disponibilità di Ac-225 è ancora molto limitata, poiché la sua produzione richiede reattori nucleari o acceleratori di particelle e complesse fasi di separazione chimica.

Per far fronte alla crescente domanda, vari enti di ricerca e aziende farmaceutiche stanno investendo nella produzione su scala industriale di questo isotopo, con l’obiettivo di renderlo più facilmente accessibile per terapie antitumorali su larga scala.

Ac-228 è un isotopo dell’attinio che si genera nella catena di decadimento del torio-232, con un’emivita molto breve di circa 6.15 ore, e decade rapidamente per emissione β⁻, producendo anche raggi gamma di alta energia.

Queste proprietà lo rendono utile in alcuni contesti specialistici, ad esempio come tracciante radioattivo in laboratori di chimica nucleare o come sorgente standard per la calibrazione degli strumenti di spettrometria gamma. Tuttavia, proprio a causa della sua breve durata, Ac-228 deve essere utilizzato quasi immediatamente dopo la sua produzione.

Tutti gli isotopi dell’attinio sono altamente radiotossici: le α-particelle depositano grandi dosi in volumi minuscoli, mentre i γ di accompagnamento penetrano più a fondo. Perciò la manipolazione richiede linee schermate in piombo, telemanipolatori e sistemi di ventilazione in depressione.

L’attinio forma quasi esclusivamente composti in cui si presenta nello stato di ossidazione +3, che è il più stabile e il più facilmente accessibile. Questi composti sono generalmente ionici, solubili in acqua e igroscopici, con caratteristiche chimiche che ricordano molto da vicino quelle del lantanio.

Tra i composti più comuni troviamo il cloruro di attinio (AcCl₃), un solido bianco che si ottiene per reazione diretta del metallo con cloro gassoso. Questo sale è molto solubile in acqua e forma facilmente contenenti lo ione Ac³⁺.

Analogo è il nitrato di attinio (Ac(NO₃)₃), prodotto per trattamento con acido nitrico, utilizzato anche come intermedio nelle tecniche di separazione radioattive.

Un altro composto importante è l’ossido di attinio (Ac₂O₃), ottenuto per calcinazione di sali come l’acetato o il nitrato. Si tratta di un ossido basico, che reagisce facilmente con acidi, restituendo i corrispondenti sali trivalenti.

Inoltre, l’attinio può formare composti con acidi organici, come acetati, citrati o ossalati. Questi ultimi possono essere usati per precipitare l’attinio da soluzioni acquose.

Lo ione Ac³⁺ tende a coordinarsi preferenzialmente con ligandi donatori di ossigeno. Lo studio sperimentale di questi complessi è reso difficile dalla radioattività intensa.

La sintesi dell’attinio e dei suoi composti è strettamente legata alla sua origine radioattiva. L’attinio non si trova in quantità significative in natura ed è presente solo in tracce nei minerali di uranio e torio.

Il più abbondante e utilizzato isotopo, attinio-227, viene prodotto artificialmente come sottoprodotto nel ciclo del torio oppure per irradiazione del radio-226 con neutroni. Dopo la formazione, l’attinio viene separato mediante processi di scambio ionico o estrazione con solventi.

Per ottenere sali semplici come cloruri, nitrati o acetati, l’attinio metallico viene trattato con acidi in condizioni controllate.

I metodi per la sintesi dei composti di coordinazione implicano l’uso di piccole quantità di attinio radioattivo disciolto in soluzione acquosa e la successiva aggiunta del ligando desiderato.

Nonostante la sua estrema radioattività, la scarsità naturale e la difficoltà di manipolazione, l’attinio ha trovato applicazioni in nicchie altamente specializzate.

L’isotopo più significativo è l’attinio-225, che emette radiazioni α ad alta energia, con una portata estremamente breve nei tessuti biologici.

Questa caratteristica lo rende ideale per la terapia α-mirata, una strategia emergente per il trattamento di tumori resistenti o in fase avanzata. In questa tecnica, l’attinio-225 viene legato a molecole bersaglio, che si legano selettivamente alle cellule tumorali.

Sebbene ancora in fase di sperimentazione clinica, Ac-225 ha mostrato risultati promettenti nel trattamento di leucemie, linfomi, melanomi e tumori della prostata.

Un altro isotopo, attinio-227, trova applicazione come sorgente di neutroni in ambiti scientifici e industriali.

Oltre a questi usi principali, l’attinio riveste un ruolo importante nella ricerca chimica e nucleare. È utilizzato come elemento modello per lo studio del comportamento degli attinidi trivalenti.

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