Preparatevi a un’esplosione di colori che fa infuriare i moralisti e accende le strade: la bandiera arcobaleno, quel simbolo sfacciato che i bigotti adorano odiare, sta conquistando il mondo con il suo arcobaleno di provocazioni e diritti. Dimenticate le bandiere noiose; questa qui è un pugno allo status quo, con i suoi sei colori che gridano libertà per tutti, anche per chi non segue le regole etero-normative tradizionali.
Scoppia l’arcobaleno furioso! La bandiera rainbow, quel simbolo ribelle creato per sfidare le norme, è più che un drappo: è un grido di guerra per i diritti LGBT. Ideata da Gilbert Baker e sventolata al Pride di San Francisco nel 1978, questa bandiera ha evoluto i suoi colori in una rivoluzione globale. #PrideRevolution #LGBTQPlus #RainbowRage
Ma ecco il succo: la bandiera arcobaleno è il simbolo supremo dei movimenti LGBT, che spunta ovunque ci sia un Pride o una lotta per i diritti degli omosessuali, transgender e non binarie. Con le sue sei strisce orizzontali – rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola, dall’alto in basso – questa meraviglia colorata ha invaso il mondo, trasformando i gadget e persino palazzi come la Casa Bianca nel 2015, illuminata come un faro per celebrare i matrimoni gay. Immaginate i conservatori che si strappano i capelli! Ma attenzione, non confondetela con quella della pace, che ha gli stessi colori ma al contrario e con la scritta “pace” al centro – una cugina più tranquilla che non fa tanto casino.
Tuffiamoci nella storia scandalosa: nata dalle mani di Gilbert Baker, un attivista geniale, la bandiera ha debuttato al Pride di San Francisco il 25 giugno 1978 con otto colori originali, ognuno carico di significato – rosa per la sessualità, rosso per la vita, arancione per la salute, giallo per la luce del sole, verde per la natura, turchese per l’arte, indaco per l’armonia, viola per la spiritualità. Quella prima versione, cucita a mano, è finita addirittura al Museum of Modern Art di New York nel 2015. Ma la vita è crudele: il rosa sparì per questioni di stoffa, e poi turchese e indaco si fusero in un blu unico, lasciando solo i sei colori che conosciamo. Negli anni ’80, boom! È diventata l’emblema numero uno della comunità LGBT, senza chiedere permesso.
E non fermatevi qui, perché le varianti sono una bomba: la Progressive Pride, creata nel 2019 da Daniel Quasar, aggiunge un triangolo con cinque colori extra – nero, marrone, azzurro, rosa e bianco – per includere le battaglie trans e le persone di colore, nata proprio dalle proteste di Black Lives Matter. C’è persino la versione “Progress Pride Intersex inclusive” con un triangolo giallo e un cerchio al centro per i diritti intersex. In Italia, gruppi come Arcigay la personalizzano con simboli extra, rendendola un mix esplosivo di inclusività che fa tremare i paladini del “tradizionale”. Viva il caos colorato!