Chi succederà al “Grande Zar” Putin, che ha stritolato la Russia per 31 anni? Dai pupilli militari ai burocrati sleali, ecco i candidati che potrebbero scatenare il caos globale! Dyumin sembra il favorito, supportato da Putin in persona, mentre Medvedev blabla con i suoi falchi anti-Occidente. Non perdetevi questa bomba geopolitica! #PutinSuccessore #RussiaInCrisi #GeopoliticaVirale
Vladimir Putin, il padrone del Cremlino dal 1999, sta per lasciare un’eredità esplosiva: se completa il suo mandato fino al 2030, supererà persino il record di 29 anni di Stalin, trasformando la Russia a sua immagine e somiglianza. Ma chi prenderà il timone in questa nave di caos? I nomi più chiacchierati tra i “papabili” sono quattro: Aleksey Dyumin, il “erede designato”, e altri come Mikhail Mishustin, tutti pronti a scatenare scintille in un mondo già instabile.
Aleksey Dyumin: l’erede designato
Aleksey Dyumin, nato nel 1972 a Kursk e cresciuto tra militari, è il più giovane tra i contendenti per diventare il “nuovo Zar di Russia”. Poco conosciuto, ma coccolato da Putin negli ultimi 10 anni, ha scalato le gerarchie grazie al suo passato da soldato. Dopo aver lasciato l’esercito nel 2016, è diventato governatore dell’oblast’ di Tula, un hub chiave per l’industria militare russa. Durante la Guerra Russo-Ucraina, Tula ha servito come base per le truppe, e si mormora che Dyumin abbia giocato un ruolo da duro nel fermare l’insurrezione di Evgeniy Prigozhin e nel cacciare gli ucraini dall’oblast’ di Kursk nel 2024. Se Putin ha piani, Dyumin – sostenuto dalle forze armate e dai servizi di sicurezza – potrebbe essere il prossimo boss indiscusso, pronto a mantenere la linea dura.
Dmitry Medvedev: il presidente decaduto
Dmitry Medvedev, nato nel 1965 a San Pietroburgo, è un veterano della politica che ha assaggiato il potere come presidente dal 2008 al 2012, un’era di finta pace con l’Occidente e soldi facili per i russi. Ma da quando Putin è tornato, Medvedev è stato relegato ai margini, perso tra i “siloviki” e i militari che ora dominano. Dalla Guerra Russo-Ucraina, si è trasformato in un falco aggressivo, sputando fuoco contro l’Occidente e l’Ucraina – un patetico tentativo di riabilitarsi dopo essere stato accusato di essere un “occidentalista” o peggio, un agente NATO sotto copertura. Insomma, le sue chance di succedere a Putin sono ridicole, con la sua reputazione a pezzi.
Mikhail Mishustin: l’eccellente amministratore
Mikhail Mishustin, nato nel 1966 vicino Mosca da famiglia ebraica, è l’attuale primo ministro, un tecnocrate navigato che ha gestito la pandemia e sostenuto l’economia di guerra. Ricordato per aver azzerato l’evasione IVA dal 20% all’1% come capo del Servizio Federale di Tassazione, ma non senza ricorrere a metodi coercitivi che l’hanno fatto odiare dagli imprenditori. Peccato che manchi di carisma e di legami solidi con i militari e i “siloviki”. Le sue origini ebraiche? Un problema in un paese ancora intriso di stereotipi antisemiti, rendendo improbabile che diventi il leader supremo – troppo burocrate, troppo poco zar.
Sergey Sobyanin: l’uomo degli oligarchi
Sergey Sobyanin, nato nel 1958 in un remoto villaggio siberiano, è il sindaco di Mosca da anni, un amministratore esperto che ha costruito ponti con gli oligarchi, da quelli siberiani ai magnati della capitale. Gestire una metropoli di 17 milioni (fino a 40 se contate i pendolari) che produce metà del PIL russo è un colpaccio, ma a 66 anni, è “troppo vecchio” per un regno lungo. Gli oligarchi? La loro stella è calata da quando Putin ha dato spazio ai “siloviki” e ai militari, quindi le probabilità che Sobyanin arrivi al Cremlino sono magre come un interregno temporaneo. Fine della linea per i vecchi potenti.