Il metilmercurio sta emergendo come un campione formidabile nel mondo delle sostanze tossiche, un avversario silenzioso e rapido che sfida gli ecosistemi globali. Con la sua formula CH₃Hg⁺, questo catione organometallico del mercurio non solo si accumula nei tessuti biologici, ma sfreccia attraverso membrane cellulari e barriere come quella emato-encefalica, puntando direttamente a organi vitali quali il cervello, in una corsa che minaccia la salute umana con livelli record di neurotossicità.
Il metilmercurio si bioaccumula nelle reti trofiche marine come un atleta che scala i livelli trofici, raggiungendo picchi elevatissimi nei pesci predatori di grandi dimensioni. Originato principalmente da emissioni antropiche, il suo percorso attraverso processi ecologici e chimici è intensificato dai cambiamenti climatici, con concentrazioni che possono moltiplicarsi di un fattore 10 a ogni stadio della catena alimentare. Tra gli inquinanti persistenti, solo sostanze come i PCB possono competere in termini di bioconcentrazione, rendendo i prodotti ittici un campo di battaglia per la salute pubblica.
Rischi e misure di sicurezza
L’esposizione al metilmercurio equivale a un duro colpo al sistema nervoso, dove anche dosi croniche provocano disturbi sensoriali, tremori e deficit cognitivi, con rischi estremi per feti e bambini. Casi storici come la malattia di Minamata
evidenziano i suoi effetti devastanti, mentre normative globali, tra cui il Protocollo di Minamata, fissano limiti come l’assunzione settimanale tollerabile di 1,3 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo, promosse da organismi quali l’OMS e la FAO. Strategie di prevenzione, dal monitoraggio ambientale alla regolamentazione del consumo di pesce, giocano ora un ruolo chiave per contrastare questa minaccia in evoluzione.
Fonte