Siete pronti a scoprire i segreti sporchi e pericolosi delle pozioni d’amore che hanno fatto impazzire l’umanità per secoli? Da papiri egizi a filtri magici che mischiano veleno e passione, queste ricette antiche promettevano amore eterno ma spesso finivano in caos erotico o peggio – e dimenticatevi il vero amore, perché roba del genere non esiste! #PotionsOfLove #MagiaSessoVeleno #HarryPotterMania
Le pozioni d’amore hanno tormentato – e a volte avvelenato – l’umanità fin dall’antichità, un mix esplosivo di medicina da ciarlatani e superstizioni ridicole. In un antico papiro egizio, troviamo rituali per far innamorare la gente come se fosse una pozione magica da happy hour, mentre nel Kamasutra e negli antichi testi indiani si sprecavano preparazioni per “agevolare” l’amore in modi che oggi chiameremmo stalking con erbe. I Greci e Romani, sempre avanti con le loro follie, trafficavano filtri e pozioni che potevano accendere la passione o spedirti dritto all’obitorio. E nel Medioevo? Oh, che spasso: nel Malleus Maleficarum, quel trattato del 1487 contro le streghe, si dettagliavano incantesimi per l’amore che erano più pericolosi di un politico corrotto. Curioso – e un po’ inquietante – che “veleno” e “Venere” condividano la stessa radice linguistica, perché un tempo una sostanza che ti poteva ammazzare serviva anche per infiammare i desideri più bassi, basta cambiare dose o l’intento di chi la smerciava: erbe misteriose, spezie hot e ingredienti segreti si univano in ricette che promettevano fuoco tra le lenzuola, ma con un bel rischio di finire sei piedi sotto.
Tra le pozioni d’amore più chiacchierate c’è l’Amortentia, quella bomba dai romanzi di Harry Potter, un filtro d’amore potentissimo che fa impazzire di ossessione. Tornando indietro, gli Egizi erano maestri della magia, che chiamavano Heka, una roba primordiale legata ai loro culti religiosi tutti sesso e incantesimi. Nel 2018, uno studio ha tradotto un papiro copto dalla Macquarie University, pieno di “ricette magiche” per conquistare cuori, favori o protezione – immaginate due uccelli che simboleggiano amanti in un rituale per unire i loro cuori, perché chi ha detto che l’amore non è un po’ animalesco? Nelle epoche dei Faraoni, usavano unguenti di mirra e rosa per bruciare e stimolare la sensualità, o la ninfea azzurra, che in dosi giuste era un afrodisiaco femminile tosto, ma troppo e ti ritrovavi in un trip allucinogeno – roba che oggi finirebbe su TikTok come viral sbagliato.
Passando ai Greci e Romani, dove i filtri amorosi erano lo sport nazionale, c’erano preparazioni con linfa di malva per stimolare la passione, radici di satyrion, santoreggia (l’erba di Dioniso, perché gli dei dovevano pur divertirsi) e mandragora, quella pianta magica che somiglia a un essere umano e fa miracoli per il sesso e la fertilità, come descritto da Dioscoride nel suo De Materia Medica. Il tizio la chiamava un calmante per “migliorare” i rapporti amorosi, ma ammettiamolo, era solo un modo antico per dire “falla innamorarsi e rendila fertile”. A Roma, nel quartiere malfamato di Suburra, fioriva il commercio di amuleti e pozioni che spesso erano inutili o letali – pensate al povero poeta Lucrezio che impazzì per un filtro d’amore dato dalla moglie, un classico esempio di come l’amore possa rovinarti la vita. Ovidio, nel suo Ars Amatoria, elevava i pinoli a sacri perché li adorava Pan, il dio della fertilità, e Seneca, nelle Lettere a Lucilio, era più cinico: “Ti indicherò un filtro senza incantesimi, senza erbe, senza le formule di alcuna maga: se vuoi essere amato, ama”, perché a volte l’amore è solo una questione di sforzo, non di pozioni da quattro soldi.
Nel Kamasutra, quella guida epica all’arte dell’amore scritta da Vātsyāyana intorno al VI secolo, non si parla solo di posizioni hot, ma di veri e propri trucchi per conquistare e sottomettere – sì, politicamente scorretto ante litteram! Nel settimo libro, “Dei modi di affezionarsi le persone”, ci sono ricette per riaccendere la passione, come “Strofinando con unguento tratto dalla pianta emblica myrabolans, si acquista il potere di conquistare le donne a piacere”, o “Si preparino dei pezzi di radice di iris bagnati con olio di mango e si lascino per sei mesi in fondo a un foro praticato nel tronco dell’albero sisu; se ne formi poi un unguento da applicare sul lingam”. E non finisce qui: per un amore esclusivo, “Se un uomo getta su una donna un miscuglio formato di polvere della pianta lattiginosa da siepe, della pianta kautala, della radice macinata della pianta lanjalika e d’escrementi di scimmia, questa donna non amerà altro uomo” – roba che oggi ti fa arrestare, ma all’epoca era solo un modo per tenere la partner in riga. Ovviamente, c’erano anche ricette per spegnere la passione, perché non tutti vogliono un’eterna ossessione.
Nel Medioevo, i filtri d’amore erano sinonimo di stregoneria e guai, come nel Penitenziale del XI secolo, dove si condannavano ricette basate su pane e pesce preparati per far innamorare, perché mischiare cibo e magia era peccato puro. Nel Malleus Maleficarum, si parlava di incantesimi con evacuazioni umane o acqua di pediluvio per conquistare cuori – che schifo, ma era il loro modo di reprimere le streghe. Molte di quelle “maghe” erano solo esperte di erbe, usando lavanda, petali di rosa e menta per rilassare e migliorare la passione o la fertilità, roba che oggi vendono come integratori. Infine, in tempi moderni, l’Amortentia di Harry Potter resta la star: fatta con acqua di Luna, uova di Ashwinder, petali di rosa e peperoncino, è illegale nel mondo magico perché crea solo ossessione, non vero amore – un promemoria che, anche con la magia, l’amore non si compra.