La spettroscopia di fotoemissione a raggi X (XPS) rappresenta una tecnica analitica di tipo quantitativo, particolarmente sensibile alle superfici dei materiali. Questa metodica consente di valutare la composizione elementare, il suo stato chimico e lo stato elettronico degli elementi presenti, raggiungendo una sensibilità nell’ordine delle parti per mille.
Principi dell’XPS
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Nella pratica della spettroscopia di fotoemissione a raggi X, i campioni vengono sottoposti a un fascio di raggi X con energie variabili tra 200 e 2000 eV. Allo stesso tempo, si analizza l’energia fotoelettronica emessa dalla superficie del campione. L’interazione del fascio di raggi X con il materiale in esame induce l’emissione di elettroni con energie specifiche. Le potenziali applicazioni di tale metodo riguardano la determinazione dello stato di ossidazione, la quantificazione e analisi dettagliate delle superfici. A differenza della spettroscopia a raggi X a dispersione di energia, l’XPS si concentra esclusivamente sulla composizione elementare della superficie, analizzando in profondità fino a circa 10 nm, equivalenti a circa 30 strati atomici per materiali sia naturali che ingegnerizzati.
Strumenti utilizzati nella spettroscopia XPS
Le componenti principali degli strumenti XPS comprendono una sorgente di raggi X, un portacampione, un analizzatore di energia elettronica, un rilevatore e una camera a vuoto, progettata generalmente in acciaio. Tale camera è mantenuta in vuoto attraverso pompe varie, raggiungendo pressioni tipiche tra 10-3 e 10-6 Pa. La sorgente di raggi X è costituita da anodi metallici, frequentemente in alluminio o magnesio, che vengono bombardati da elettroni ad alta energia, tipicamente attorno ai 15 kV. Un monocromatore è utilizzato per garantire che solo i raggi X di energia specifica raggiungano il campione. L’analizzatore, parte essenziale nella spettroscopia XPS, incorpora una lente elettrostatica. Questa raccoglie gli elettroni entro un determinato angolo, convogliandoli in un condensatore emisferico, dove due armature sono sottoposte a una differenza di potenziale variabile. Tale impostazione è fondamentale per selezionare gli elettroni in base alla loro energia. Un’ulteriore caratteristica della strumentazione è una pistola a ioni Ar, utilizzata per polverizzare le superfici e rimuovere contaminanti ambientali. Questa azione è utile anche per ottenere profili di profondità nei materiali analizzati.
Rappresentazione e interpretazione dei dati XPS
I risultati ottenuti attraverso la spettroscopia di fotoemissione a raggi X sono rappresentati sotto forma di spettri. L’asse x indica l’energia di legame in eV, mentre sull’asse y sono riportati i conteggi dei fotoelettroni misurati. Le energie di legame degli elettroni emessi da un campione fungono da impronte digitali per identificare gli elementi presenti. Si notano picchi per gli elettroni in orbitali p, d o f, con la separazione di questi picchi che prende il nome di spin orbit splitting. Il confronto tra la differenza di energia e le aree sotto i picchi facilita l’identificazione chimica. La nomenclatura utilizzata per identificare i picchi segue la forma nlj, dove n rappresenta il numero quantico principale, l il numero quantico secondario, e j il momento angolare di spin. La spettroscopia di fotoemissione a raggi X si avvale del principio secondo cui gli elettroni possiedono energie di legame variabili in funzione del legame chimico con gli atomi circostanti. Per esempio, l’energia di legame degli elettroni 1s del carbonio risulta più alta in presenza di un doppio legame con l’ossigeno rispetto a legami semplici. Variabili come la carica parzialmente positiva indotta dall’elettronegatività degli atomi limitrofi influenzano notevolmente le energie di legame, rendendo la spettroscopia XPS uno strumento prezioso per analisi chimiche dettagliate nei materiali. Fonte Verificata