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Spettroscopia visibile-U.V. Generalità, coniugazione dei cromofori

Spettroscopia visibile-U.V.: Generalità e Coniugazione dei Cromofori

La spettroscopia visibile-U.V. è un’importante tecnica spettroscopica molecolare comunemente utilizzata in chimica analitica per studiare gli spettri di assorbimento di molecole nella regione compresa tra circa 200 e 700 nm. Comprendere la motivazione per la quale alcuni composti colorati mentre altri non lo sono e determinare la correlazione tra coniugazione e colore richiede misure accurate di assorbimento della luce a diverse lunghezze d’onda nella parte visibile e vicina ultravioletta dello spettro elettromagnetico.

La regione dello spettro visibile comprende radiazioni aventi una lunghezza d’onda compresa tra 400 e 700 nm, mentre quella del vicino ultravioletto comprende radiazioni da 200 a 400 nm. Le energie correlate a tali radiazioni sono sufficienti per promuovere un elettrone dallo stato fondamentale a quello eccitato. Quando una molecola interagisce con una radiazione avente un’energia compatibile con una transizione elettronica, tale energia viene assorbita con conseguente promozione di un elettrone a un livello a maggior energia.

I valori di oscillano tra 0 (nessun assorbimento) e 2 (99% di assorbimento della radiazione). Poiché l’assorbanza è proporzionale al numero di molecole che assorbono, ovvero sua concentrazione molare, viene utilizzata l’assorbività molare per confrontare spettri di composti diversi. L’assorbività molare ε è definita come ε = A/ c l dove A è l’assorbanza, c è la concentrazione molare e l è la lunghezza del cammino della luce che attraversa la cuvette espressa in cm.

La tabella riporta le lunghezze d’onda a cui alcuni gruppi cromofori assorbono unitamente al tipo di eccitazione che subisce l’elettrone. Dalla tabella emerge che i gruppi in grado di assorbire la luce avente lunghezza d’onda tra 200 e 800 nm contengono elettroni π e eteroatomi aventi doppietti elettronici solitari. I doppietti elettronici solitari dell’ossigeno contenuto negli alcoli e negli eteri non danno luogo ad assorbimento al di sopra di 160 nm e pertanto tali sostanze possono essere usate negli studi spettroscopici come solventi.

Coniugazione dei Cromofori

La coniugazione dei cromofori è di particolare importanza in tale tipo di spettroscopia, ovvero la possibilità di formare di tipo π ai quali partecipano di due atomi. La coniugazione di due o più cromofori provoca uno spostamento dell’assorbimento verso maggiori lunghezze d’onda e di regola un aumento dell’intensità dell’assorbimento; produce cioè un effetto ipercromico e batocromico. Queste variazioni sono sensibili solo se si verificano alcune condizioni:

– La coniugazione deve essere effettiva, cioè tra un cromoforo e l’altro non ci deve essere più di un doppio legame.
– I livelli energetici dei due cromofori devono essere piuttosto vicini in modo che ci sia una buona sovrapposizione degli orbitali.

Sperimentalmente si è trovato che per ogni doppio legame che estende la coniugazione si ha un effetto batocromico di circa 40 nm sull’assorbimento del cromoforo; tale regola vale comunque per i primi termini della serie.

La conformazione della molecola ha una notevole influenza sia sulla posizione della Λmax di assorbimento sia sull’intensità di tale assorbimento. Passando dalla conformazione transoide a quella cisoide si ha, oltre a un evidente effetto batocromico, un notevole effetto ipocromico (l’intensità dell’assorbimento si riduce di circa ¼). Tale effetto è spiegabile in termini di minore sovrapposizione di legami π sia leganti che antileganti nel caso della struttura cisoide e, quindi, di una minore differenza di energia tra gli orbitali molecolari. La diminuzione d’intensità è determinata da differenze del momento dipolare delle due molecole: tale momento è maggiore nell’isomero trans che nell’isomero cis, onde la transizione è più intensa nel primo.

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