Biossido di titanio: proprietà e metodi di ottenimento
Il biossido di titanio, presente in tre forme cristalline diverse (rutilo, anatasio e brookite), è ampiamente impiegato come pigmento bianco, grazie alle sue notevoli proprietà ottiche e all’alto indice di rifrazione, vicino a quello del diamante. Inoltre, è noto per la sua stabilità, potendo resistere a temperature fino a 1700°C prima di fondere.
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Ottenimento
Il biossido di titanio può essere ottenuto attraverso due processi principali: il processo al solfato e il processo al cloruro, che sfruttano due minerali predominanti, l’ilmenite e il rutilo, presenti in abbondanza rispettivamente in Australia e in Sud Africa.
Processo al solfato
Il processo al solfato prevede tre fasi: la dissoluzione del minerale, la formazione del biossido di titanio idrato e la formazione del biossido di titanio anidro. Durante questo processo, l’ilmenite viene trattata con acido solforico, dando luogo a una miscela di solfati che successivamente subisce un’ulteriore lavorazione per ottenere il biossido di titanio.
Processo al cloruro
Nel processo al cloruro, il rutile viene convertito in cloruro di titanio (IV) tramite il riscaldamento in presenza di cloro e carbon coke. Successivamente, avviene l’ossidazione del cloruro di titanio (IV) tramite il riscaldamento in presenza di ossigeno.
Oltre al suo utilizzo come pigmento, il biossido di titanio ha varie altre applicazioni, inclusi l’uso come catalizzatore e protettore della pelle dai raggi UV in alcune creme cosmetiche. Le nanoparticelle di biossido di titanio vengono impiegate in filtri solari, coloranti alimentari, superfici autopulenti e nella produzione di coloranti.
Concludendo, il biossido di titanio, grazie alle sue diverse proprietà e ai metodi di ottenimento, è un composto versatile con numerose applicazioni in diversi settori.