Il Blu di Prussia: storia, sintesi e usi
Il Blu di Prussia, anche conosciuto come Blu di Berlino, è considerato il primo pigmento sintetico scoperto per caso da Diesbach a Berlino intorno al 1704. Questo pigmento è il risultato degli studi condotti su composti ottenuti per ossidazione del ferro ed è noto per la sua scarsa solubilità in acqua, il che lo rende adatto per essere utilizzato in dispersione colloidale.
Sintesi del Blu di Prussia
Nel laboratorio, il Blu di Prussia viene sintetizzato a partire dal cloruro di ferro (III) esaidrato e dal potassio esacianoferrato (II) triidrato. Si trattano separatamente i due composti, ottenendo due soluzioni che vengono successivamente mescolate per generare un precipitato blu caratteristico della reazione chimica.
A livello industriale, il Blu di Prussia viene ottenuto a partire da sodio esacianoferrato (II) e solfato di ferro (II) eptaidrato, tramite l’uso di un sale di ammonio che favorisce la formazione del pigmento.
Usi del Blu di Prussia
Il Blu di Prussia, in passato, era noto per il suo costo inferiore rispetto ad altri pigmenti blu disponibili e per le sue caratteristiche cromatiche, che lo resero popolare tra gli artisti del tempo. Artisti famosi come Cézanne, Van Gogh e Picasso hanno utilizzato il Blu di Prussia nelle loro opere per ottenere colori intensi e stabili.
Nel campo medico, il Blu di Prussia è stato impiegato per trattare individui contaminati da isotopi radioattivi come il cesio 137 e talio 201, insieme a sostanze come l’ioduro di potassio e l’etilendiamminotetraacetato di calcio o zinco. Grazie alla sua capacità di scambio ionico e alla sua affinità per alcuni cationi, il Blu di Prussia è stato utilizzato come agente chelante per il tallio e il cesio, non essendo assorbito nel tratto gastrointestinale.
In conclusione, il Blu di Prussia ha rappresentato un importante contributo sia nell’ambito artistico che in quello medico, dimostrando le sue applicazioni versatili e innovative nel corso della storia.