Il torio è un metallo appartenente alla serie degli attinidi e si rinviene come costituente minore in molti minerali insieme al cerio, lantanio, neodimio e praseodimio nella monazite, con percentuali che variano dal 2% al 20%.
Proprietà del torio
Il torio presenta una configurazione elettronica [Rn] 6d², 7s² ed è un metallo debolmente radioattivo di colore argenteo. In presenza di aria forma uno strato di biossido di torio di colore nero. È relativamente duro, malleabile con elevato punto di fusione e presenta numeri di ossidazione +1, +2, +3 e +4, di cui quest’ultimo è il più stabile. Storia
Nel 1815, il chimico svedese Jöns Jakob Berzelius scoprì un nuovo elemento che chiamò torio in onore di Thor, il dio del tuono. Tuttavia, nel 1824 si scoprì che la specie era in realtà fosfato di ittrio e solo nel 1828 Berzelius ricevette un campione di minerale contenente torio inviatogli dal geologo norvegese Hans Morten Thrane Esmark. Radioattività
Il torio è radioattivo, come dimostrato per la prima volta dal chimico tedesco Gerhard Schmidt nel 1898 e successivamente confermato da Marie Curie. L’isotopo più abbondante è 232Th con un tempo di semidesideramento di circa 10^10 anni, il che lo rende disponibile come metallo e per la formazione di numerosi composti. Il torio forma il biossido di torio ThO2, un materiale refrattario con il punto di fusione più alto tra tutti gli ossidi.L’ossido di torio è stato introdotto per la prima volta dal chimico austriaco Carl Auer Freiherr von Welsbach nell’invenzione della lampada a mantello. In questa lampada, l’ossido di torio, insieme all’ossido di cerio, viene utilizzato per catalizzare la combustione del gas, generando così una forte emissione luminosa a temperature elevate. Oltre all’utilizzo nelle lampade a mantello, l’ossido di torio trova applicazione anche nella produzione di vetro ad alto indice di rifrazione, impiegato per la realizzazione di obiettivi fotografici di alta qualità.
Nel campo della chimica, l’ossido di torio funge da catalizzatore per la produzione di acido solforico, nel cracking degli idrocarburi e nella conversione dell’ammoniaca in acido nitrico.
Composti e Reazioni
L’ossido di torio può reagire con gli alogenati e formare tetralogenuri igroscopici, solubili in solventi polari. In presenza di aria calda, può formare due nitruri, ThN e Th₃N₄, con differenti numeri di ossidazione. Inoltre, in ambienti ricchi di carbonio a elevate temperature, può generare il carburo di torio ThC₂, mentre a temperature tra 300 e 400°C reagisce con l’idrogeno formando l’idruro ThH₂.
Sali di Torio
L’ossido di torio forma diversi sali, spesso sotto forma di composti idrati con ioni poliatomici, tra cui perclorati, solfati, solfuri, nitrati, fosfati, cromati, carbonati e altri anioni poliatomici.
Applicazioni e Utilizzi
Oltre ai suoi utilizzi in campo chimico e luminotecnico, l’ossido di torio viene impiegato anche nelle leghe contenenti magnesio per aumentarne la resistenza alle alte temperature. Inoltre, è utilizzato in cellule fotoelettriche per la misurazione delle lunghezze d’onda nell’intervallo di 2000-3750 Å, tipiche delle radiazioni ultraviolette.
Queste svariate applicazioni illustrano la versatilità e l’importanza dell’ossido di torio in diversi settori, dalla produzione di energia alla tecnologia fotografica.