Rilevamento delle impronte digitali attraverso il metodo chimico
Le impronte digitali sono un’importante tecnica investigativa utilizzata per identificare un individuo o restringere il numero di sospettati in un crimine. La tecnica è considerata affidabile poiché le impronte digitali sono uniche e immutabili nel corso della vita. La prima volta che questa tecnica è stata utilizzata risale al 1905, quando Scotland Yard ha identificato l’assassino di un delitto.
Un’impronta digitale è una traccia lasciata dai dermatoglifi, ovvero l’alternanza di solchi e creste cutanee. Queste tracce si formano quando il sudore secretato dai polpastrelli viene depositato sulla superficie di un oggetto.
Tipologie di impronte digitali
Le impronte digitali possono essere visibili, modellate o latenti. Le visibili sono facilmente individuabili quando l’oggetto è sporco o impolverato, le modellate si formano quando l’oggetto si lascia imprimere su sostanze come cera o argilla, mentre le latenti si formano per effetto della sudorazione e sono le più difficili da rilevare.
Per rilevare le impronte digitali, vengono utilizzate tecniche ottiche, fisiche e chimiche. La prima tecnica adoperata è quella ottica, seguita da metodi come quello delle polveri, che è particolarmente adatto per impronte lasciate su superfici non porose come vetro, plastica e ceramiche.
Metodo chimico per il rilevamento delle impronte digitali
Un metodo chimico per il rilevamento delle impronte digitali risale al 1950 e consiste nell’utilizzo della ninidrina, un indicatore selettivo per il rilevamento degli amminoacidi con gruppo amminico primario.
Il sudore depositato contiene circa 250 nanogrammi di amminoacidi per impronta e può essere visualizzato spruzzando sulla superficie la ninidrina. La ninidrina reagisce con gli amminoacidi formando un composto di colore viola detto porpora di Ruhemann. Questo composto non è fluorescente e quindi deve essere trattato con cloruro di zinco per renderlo fluorescente.
In alternativa alla ninidrina, può essere utilizzato il composto 1,8-diazofluoren-9-one, noto come DFO, che reagisce con gli amminoacidi formando composti altamente fluorescenti.
Un altro metodo per visualizzare le impronte digitali consiste nell’uso di cianoacrilati, che, a causa della polimerizzazione che avviene a contatto con il residuo acquoso delle impronte, forma un deposito bianco visibile.
Questi metodi chimici sono fondamentali per il rilevamento e l’identificazione delle impronte digitali nei procedimenti investigativi.