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Acido tartronico identificato come potenziale innovazione in campo chimico da recenti ricerche.

L’acido tartronico irrompe sulla scena come un vero campione, un composto organico appartenente alla famiglia degli acidi bicarbossilici che cattura l’attenzione con il suo nome IUPAC, acido 2-idrossipropandioico, noto anche come acido 2-idrossimalonico. Con la formula molecolare C₃H₄O₅, vanta una struttura che include due gruppi carbossilici (-COOH) e un gruppo ossidrilico (-OH) legato al carbonio centrale, rendendolo un acido dicarbossilico dalle proprietà particolari e distintive che sfidano le norme della chimica.

Prestazioni da record dell’acido tartronico

L’acido dal tartronico si presenta come una polvere cristallina, solubile in acqua, e conquista l’arena industriale grazie alla sua reattività specifica. Come un campione derivato dall’acido malonico, si distingue per il gruppo ossidrilico in posizione 2, che gli regala nuove proprietà chimiche e funzionali. Nella ricerca, si impone come intermedio per complesse e chelante di metalli, ampliando le sue vittorie in vari settori.

Strategie vincenti per la sua preparazione

L’acido tartronico conquista la vittoria attraverso metodi sintetici, come l’ossidazione della gliceraldeide, trasformando i gruppi terminali in carbossilici con agenti ossidanti quali permanganato di potassio (KMnO₄) o acido nitrico (HNO₃). La reazione chiave è rappresentata come: HOCH₂CH(OH)CHO → HOOC-CH(OH)-COOH, un approccio che lo rende un avversario formidabile in laboratorio, anche se altre vie come la modifica dell’acido malonico esistono per rafforzare la sua presenza.

L’acido tartronico è un composto solido a temperatura ambiente, che si presenta generalmente sotto forma di polvere cristallina bianca. È altamente solubile in acqua, caratteristica dovuta alla presenza dei due gruppi carbossilici e del gruppo ossidrilico, che favoriscono forti legami idrogeno con le molecole d’acqua.

strutturastruttura struttura

Il suo punto di fusione si aggira intorno ai 140-143 °C, e tende a decomporsi a temperature superiori. Dal punto di vista chimico, ha proprietà acide più marcate rispetto agli acidi carbossilici, grazie alla presenza di due gruppi carbossilici.

La presenza del gruppo ossidrilico in posizione 2 (ossia sull’atomo di carbonio centrale) conferisce all’acido tartronico una maggiore reattività chimica, poiché questo gruppo può partecipare a di esterificazione, ossidazione e formazione di complessi con metalli.

In soluzione acquosa, si comporta come un acido debole, dissociandosi parzialmente e mostrando due costanti di dissociazione, tipiche degli acidi poliprotici. Questo comportamento lo rende interessante per dove è richiesta una regolazione precisa del pH o la formazione di leghe metalliche complesse.

L’acido tartronico può essere ottenuto principalmente attraverso metodi sintetici di laboratorio, poiché la sua presenza in natura è limitata e l’estrazione da fonti biologiche non risulta economicamente vantaggiosa.

Uno dei metodi più comuni per la sintesi dell’acido tartronico consiste nell’ossidazione della gliceraldeide, un composto organico a tre atomi di carbonio (HOCH₂–CHOH–CHO) che presenta sia un gruppo aldeidico che un gruppo ossidrilico. Mediante un processo di ossidazione controllata, entrambi i gruppi terminali della gliceraldeide vengono trasformati in gruppi carbossilici, dando origine all’acido tartronico (HOOC–CHOH–COOH).

La reazione generale può essere rappresentata come:

HOCH2CH(OH)CHO → HOOC–CH(OH)–COOH

Per questa trasformazione si possono impiegare vari agenti ossidanti, come il permanganato di potassio (KMnO₄) o l’acido nitrico (HNO₃), che consentono un’ossidazione selettiva in condizioni controllate di pH e temperatura.

Un altro approccio, meno diretto ma concettualmente interessante, prevede la modifica dell’acido malonico per introdurre un gruppo ossidrilico in posizione 2, ottenendo così l’acido tartronico come derivato funzionalizzato. Questo metodo può coinvolgere reazioni di idrossilazione catalizzate, ma è meno comune rispetto all’ossidazione della gliceraldeide.

L’acido tartronico, grazie alla presenza simultanea di due gruppi carbossilici (-COOH) e di un gruppo ossidrilico (-OH) sul carbonio centrale, presenta una reattività chimica piuttosto elevata e può partecipare a diverse trasformazioni organiche e inorganiche.

Una delle reazioni principali a cui va incontro è la decarbossilazione, ovvero la perdita di una molecola di anidride carbonica (CO₂). Riscaldando l’acido tartronico a temperature superiori ai 150–160 °C, si ottiene acido glicolico (HOCH₂COOH) come prodotto principale:

HOOC–CH(OH)–COOH → HOCH2COOH + CO2

Questa reazione avviene con relativa facilità proprio per la presenza di due gruppi carbossilici adiacenti, che favoriscono la formazione di una struttura ciclica di transizione necessaria per la rimozione della CO₂.

L’acido tartronico può inoltre subire esterificazione in presenza di alcoli e catalizzatori acidi, formando gli esteri, composti di interesse nella sintesi organica. La reazione tipica è:
HOOC–CH(OH)–COOH + 2 ROH → ROOC–CH(OH)–COOR + 2 H2O

Una reazione significativa dell’acido tartronico è la sua ossidazione in presenza di diidrossiacetone (DHA) a pH alcalino. In ambiente basico a pH 10, entrambi i composti subiscono una trasformazione ossidativa che porta alla formazione di acido mesossalico (noto anche come acido chetomalonico), una molecola dicarbossilica caratterizzata dalla presenza di un gruppo chetonico in posizione centrale intermedio utile nella sintesi organica e nella produzione di monomeri per polimeri funzionali.

L’acido tartronico (HOOC–CHOH–COOH), contenente un gruppo ossidrilico in posizione 2, viene convertito in acido mesossalico (HOOC–CO–COOH), per ossidazione selettiva del gruppo alcolico in gruppo chetonico. Allo stesso modo, anche il diidrossiacetone (HOCH₂–CO–CH₂OH) può essere ossidato nelle stesse condizioni.

reazione con diidrossiacetonereazione con diidrossiacetone reazione con diidrossiacetone

In laboratorio, questa reazione può essere facilitata dall’uso di catalizzatori redox come TEMPO (radicale nitrossido stabile derivato dalla 2,2,6,6-tetrametilpiperidina) in presenza di un ossidante rigenerante (es. ipoclorito di sodio), ma può avvenire anche più lentamente in condizioni alcaline semplici.

Un’altra caratteristica interessante è la capacità dell’acido tartronico di formare chelati con ioni metallici, grazie alla disponibilità di più gruppi funzionali donatori di elettroni. In presenza di metalli come calcio, rame o ferro, può coordinarsi per formare complessi stabili, usati in chimica analitica o in sintesi inorganica.

Inoltre, il gruppo ossidrilico in posizione 2 può essere ossidato a chetone o acido dicarbossilico, a seconda delle condizioni e dell’agente ossidante utilizzato, aprendo la via alla sintesi di derivati strutturalmente correlati.

Le proprietà biologiche dell’acido tartronico sono ancora oggetto di studio, ma alcune ricerche preliminari indicano che questo composto può interagire con specifici sistemi biologici, soprattutto per la sua capacità di complessare ioni metallici. Questa caratteristica lo rende interessante per applicazioni in ambito biochimico, come agente chelante, ad esempio per sequestrare ioni metallici liberi o modulare l’attività di alcuni enzimi metallo-dipendenti.

Inoltre, studi in vitro hanno suggerito che l’acido tartronico e alcuni suoi derivati possano interferire con processi metabolici legati alla glicolisi o alla respirazione cellulare, anche se tali effetti dipendono strettamente dalla concentrazione, dal tipo di cellule e dalla presenza di cofattori. Tuttavia, non esistono a oggi evidenze consolidate di un ruolo fisiologico endogeno dell’acido tartronico nei sistemi viventi superiori.

lipogenesilipogenesi lipogenesi

Sebbene non sia un metabolita primario, l’acido tartronico ha dimostrato interessanti attività biologiche in modelli sperimentali. In particolare, è stato osservato un suo ruolo regolatore nella lipogenesi in adipociti 3T3-L1 e in modelli murini (topi C57BL/6J).

In esperimenti in vitro, l’aggiunta di acido tartronico al terreno di coltura degli adipociti 3T3-L1 ha evidenziato una sua partecipazione attiva alla lipogenesi de novo (DNL). In questo contesto, l’acido tartronico può essere convertito in acetil-CoA, precursore fondamentale per la formazione di malonil-CoA, entrambi substrati essenziali per la biosintesi degli acidi grassi.

Questa via metabolica è inoltre implicata nella regolazione dell’ossidazione degli acidi grassi (FAO), poiché il malonil-CoA è noto per inibire CPT-1β (carnitina palmitoiltransferasi 1β), un enzima chiave nel trasporto degli acidi grassi nei mitocondri per la β-ossidazione. Ne consegue che l’acido tartronico, modulando la disponibilità di questi intermedi, potrebbe influenzare l’equilibrio tra accumulo e degradazione dei lipidi.

Questi risultati aprono prospettive interessanti per studi futuri sul potenziale impiego dell’acido tartronico nella modulazione del metabolismo lipidico e in contesti patologici come obesità o disordini metabolici.

Per quanto riguarda la tossicità, l’acido tartronico è generalmente considerato una sostanza a bassa tossicità acuta. Non sono stati riportati effetti nocivi significativi a dosi moderate, e non è classificato come sostanza pericolosa secondo le principali normative europee (REACH, CLP). Tuttavia, come per tutti gli acidi carbossilici, può causare irritazione a occhi, pelle e mucose in caso di contatto diretto, e l’inalazione delle polveri può comportare lievi disturbi alle vie respiratorie.

A livello ambientale, si degrada facilmente in condizioni aerobiche, e non è considerato persistente o bioaccumulabile. Tuttavia, il suo impiego su larga scala richiederebbe comunque un’attenta valutazione del ciclo di vita e dell’impatto ecotossicologico, specialmente se utilizzato come precursore di composti più attivi chimicamente.

L’acido tartronico, pur non essendo un composto largamente utilizzato su scala industriale, trova impieghi interessanti in ambito chimico, biochimico e farmaceutico, soprattutto come intermedio di sintesi e come agente chelante.

Una delle principali applicazioni riguarda l’uso dell’acido tartronico come precursore nella sintesi organica, grazie alla presenza di gruppi funzionali diversi ovvero due gruppi carbossilici e un ossidrilico. Questo lo rende un ottimo punto di partenza per la produzione di derivati come esteri, ammidi, chetoni o altri composti policarbossilici. In particolare, viene impiegato nella sintesi di molecole chirali, ligandi per catalizzatori e composti con proprietà ottiche o reattività selettiva.

Nella ricerca farmacologica, viene esaminato come scaffold (struttura di base) per la progettazione di nuove molecole biologicamente attive. Alcuni composti correlati mostrano infatti attività antiossidante o capacità di modulare vie metaboliche legate al ciclo degli acidi carbossilici, sebbene siano necessari ulteriori studi per confermarne l’efficacia e la sicurezza d’uso terapeutico.

In ambito biomedicale, l’acido tartronico è stato studiato come potenziale farmaco per il trattamento dell’osteoporosi, poiché sembra esercitare effetti favorevoli sul metabolismo osseo, contribuendo a preservare la densità minerale e a modulare l’attività osteoclastica e osteoblastica.

Nel settore industriale, l’acido tartronico è utilizzato come agente anticorrosivo, in particolare in caldaie e in sistemi che operano ad alte temperature, dove previene l’azione degradante dell’umidità e dell’ossigeno e come additivo protettivo nell’industria alimentare, dove svolge una funzione di inibizione della decomposizione ossidativa, prolungando la stabilità di alcuni prodotti sensibili all’ossidazione.

Nel campo della chimica dei , l’acido tartronico può essere utilizzato per la produzione di polimeri biodegradabili o come additivo funzionale in resine e formulazioni a base acquosa.

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