Polimeri termoplastici: curva stress-strain, classificazione

I polimeri termoplastici sono quelli che presentano forti decrementi di viscosità al riscaldamento e conservano la proprietà di scorrere a temperature elevate per un tempo relativamente lungo.

A seguito di raffreddamento i polimeri termoplastici  si induriscono e  conservano la forma impartita.

La trasformazione è reversibile anche se c’è sempre una certa degradazione che limita il numero di cicli possibili. E’ interessante studiare una tipica curva sforzo- deformazione (stress-strain)  per questo tipo di materiali per capire come essi si deformino a seguito dell’applicazione di una forza dall’esterno. Tale comportamento dipende dal modo in cui le catene polimeriche si muovono l’una rispetto all’altra in condizioni di sforzo.

Curva stress-strain dei polimeri termoplastici

curva stress strain

nella regione tra O e A, si ha un andamento lineare e ciò implica che è rispettata  la legge di Hooke .

Nella regione da A a B, lo sforzo e la deformazione non sono proporzionali. Tuttavia, se si rimuove il carico, il corpo ritorna alla sua dimensione originale.

Il punto B nella curva è il punto di snervamento o il limite elastico e la sollecitazione corrispondente è la resistenza allo snervamento del materiale.

Una volta aumentato ulteriormente il carico, lo stress inizia a superare il limite di snervamento. Ciò significa che la deformazione aumenta rapidamente anche per un piccolo cambiamento nella sollecitazione.

Questo è mostrato nella regione da B a D nella curva. Se il carico è rimosso, diciamo in un punto C tra B e D, il corpo non riacquista la sua dimensione originaria Quindi, anche quando la sollecitazione è nulla, la deformazione non è nulla e la deformazione è chiamata deformazione plastica .

Inoltre, il punto D è il carico di rottura a trazione del materiale. Quindi, se viene prodotta una deformazione aggiuntiva oltre questo punto, può verificarsi una frattura (punto E).

Lavorazione

Nella lavorazione dei polimeri termoplastici è opportuno operare a basse viscosità e ad alte temperature, compatibilmente con la stabilità termica del materiale.

Per i polimeri parzialmente cristallini  in caso di raffreddamento della massa al di sotto del punto di fusione delle zone cristalline si possono verificare condizioni metastabili. Si hanno quindi  conseguenti fenomeni di postcristallizzazione.

Polietilene

Il polietilene è il  più comune tra i polimeri termoplastici per la sua versatilità e per i suoi molteplici utilizzi ed è ottenuto per poliaddizione maggiormente prodotto nel mondo

Il polietilene è costituito da una lunga catena di atomi di carbonio ciascuno dei quali è legato a due atomi di idrogeno.

Il monomero da cui si ottiene il polietilene è l’etene CH2=CH2 che è il più semplice degli alcheni ottenuto dall’industria petrolchimica per pirolisi degli idrocarburi o per disidratazione dell’etanolo.

A seconda del metodo di polimerizzazione di ottengono polimeri termoplastici che hanno diverso peso molecolare e diverso grado di ramificazione con conseguenti proprietà differenti.

Classificazione

Pertanto il polietilene è classificato in polietilene:

1)      UHMWPE  ad altissimo peso molecolare con struttura cristallina e molecole ben impaccate ottenuto per polimerizzazione per coordinazione di metalloceni

2)      HDPE  ad alta densità scarsamente ramificato ottenuto per polimerizzazione con catalizzatori Ziegler-Natta

3)      LDPE  a bassa densità più ramificato dell’HDPE e ottenuto per polimerizzazione radicalica

4)      LLDPE  lineare a bassa densità ottenuto per polimerizzazione di etene e α- olefine con catalizzatori Ziegler-Natta

5)      MDPE  a media densità con un numero inferiore di ramificazioni rispetto al LDPE

6)      PEX  reticolato ottenuto dall’HDPE in presenza di perossidi

Il polietilene ad altissimo peso molecolare UHMWPE è utilizzato per realizzare le superfici di scorrimento delle protesi articolari perché presenta ottime proprietà antiattrito, eccezionale resistenza alle forze impulsive, buona resistenza alla fatica meccanica e buona biocompatibiltà. Essendo tuttavia soggetto a usura abrasiva e usura ossidativa che portano alla degradazione del materiale polimerico si preferisce usare il PEX stabilizzato con vitamina E per evitare l’ossidazione.

Ottenimento del HDPE

Il polietilene ad alta densità HDPE è ottenuto alla pressione tra 10 e 80 atm e alla temperatura tra 80 e 150°C  o con catalizzatori Ziegler Natta o con catalizzatori Phillips.

I catalizzatori Ziegler Natta sono composti organometallici costituiti da alogenuri di titanio e  trialchilallumino che agisce da promotore. Sono impiegati per la sintesi del polietilene e del polipropilene e per la rivoluzione che hanno creato nel campo delle materie plastiche l’Accademia Reale svedese delle Scienze conferì nel 1963 il Premio Nobel per la Chimica agli scienziati Karl Ziegler e Giulio Natta.

ziegler-natta polimeri termoplastici

Il catalizzatore Phillips è di tipo di catalizzatore eterogeneo costituito da ossido di cromo supportato da gel di silice

Oltre il 50% del polietilene prodotto nel mondo è ottenuto con il catalizzatore Phillips.

Il polietilene ad alta densità è flessibile, resistente agli agenti atmosferici e alle sostanze chimiche, di facile lavorazione ideale per i processi di stampaggio e di iniezione.

È usato per ottenere bottiglie in grado di conservare prodotti alimentari e per una variegata molteplicità di utilizzi tra cui mobili da giardino

HDPE polimeri termoplastici

Polietilene a bassa densità

Il polietilene a bassa densità  LDPE è ottenuto alla pressione di 1000-3000 atm e a temperature relativamente basse 130- 300 °C. Infatti  la reazione è di tipo esotermico e quindi sfavorita dalle alte temperature:

n C2H4 → -[CH2-CH2]n–   ΔH° = – 92 kJ/mol

Per la polimerizzazione radicalica è usato un iniziatore come un perossido organico. L’etene è compresso e messo in un reattore insieme all’iniziatore dove avviene la reazione. Il polietilene allo stato fuso è quindi allontanato, estruso e ridotto in granuli. Il prodotto presenta un numero di atomi di carbonio tra 4000 e 40000 con piccole catene laterali

Questo tipo di polietilene ha basso peso specifico, è resistente agli urti, all’umidità e alle sostanze chimiche. Tuttavia esso  ha una scarsa resistenza al calore e un’elevata espansione termica.

È usato inoltre in fili e cavi isolanti, tubi, bottiglie, utensili, buste per la spesa, giocattoli e in forma di film.

Polipropilene isotattico

Il polipropilene isotattico è tra i polimeri termoplastici quello che ha maggiori prestazioni e fu prodotto negli anni ’60 dalla Montecatini e brevettato come Moplen

L’unico Premio Nobel per la Chimica italiano è stato attribuito all’eminente scienziato Giulio Natta il 10 dicembre 1963 per i suoi studi sulla sintesi del polipropilene isotattico, polimero che per le sue caratteristiche ha costituito una delle maggiori innovazioni del secolo scorso con enormi ripercussioni sulla vita quotidiana. Il Prof. Natta, tuttavia, persona dal carattere schivo e riservato che non ha mai amato esporsi alle luci della ribalta quell’11 marzo 1954, annotò semplicemente sulla sua agenda “fatto il polipropilene”.

fatto il polipropilene polimeri termoplastici

Dal petrolio si era ottenuto un nuovo materiale plasmabile e leggero, ultraresistente destinato a cambiare la vita di tutti noi per le sue molteplici applicazioni che vanno dagli oggetti di uso comune come siringhe, tubi, bottiglie, spazzolini, indumenti usa e getta, articoli casalinghi. Il polipropilene è un materiale che può servire alla produzione di:

  1. manufatti con una forma stabile nel tempo e capaci di sopportare sforzi e sollecitazioni meccaniche
  2. oggetti per uso specifico come cavi, supporti per circuiti integrati, membrane, componenti isolanti, batterie per auto.

Proprietà

Il polipropilene ha:

  • bassa densità
  • elevata rigidità
  • resistenza termica
  • inerzia chimica
  • buona elasticità
  • notevoli caratteristiche meccaniche quali elevato carico di snervamento, allungamento a rottura, resilienza, durezza
  • buone caratteristiche dielettriche alle alte frequenze.

Nei primi anni ’50 lo scienziato tedesco Karl Ziegler sintetizzò dei polimeri termoplastici  lineari dell’etilene utilizzando alluminio trietile come catalizzatore. Natta iniziò con lui una stretta collaborazione che portò alla scoperta dei catalizzatori stereospecifici che in loro onore sono tuttora chiamati catalizzatori Ziegler Natta.

Il monomero di partenza per la sintesi del polimero è il propene o propilene, un’α-olefina che presenta tre atomi di carbonio e la reazione di polimerizzazione può essere schematizzata come segue:

polipropilene

Catalizzatore

Il catalizzatore usato nella sintesi del polipropilene isotattico riesce ad orientare in modo regolare tutti i gruppi –CH3 dallo stesso lato della catena polimerica ed è detto stereospecifico

isotattico

Esso è costituito da un catalizzatore e da un co-catalizzatore: il catalizzatore è tricloruro di titanio TiCl3 o tetracloruro di titanio TiCl4 a cui vengono affiancati Al(C2H5)2Cl o Al(C2H5)3. Consideriamo il sistema TiCl3/ Al(C2H5)2Cl. Il tricloruro di titanio si può trovare in diverse forme cristalline; quella che interessa per il catalizzatore Ziegler Natta è l’α- TiCl3:

TiCl4

in cui ogni atomo di titanio è coordinato a sei atomi di cloro con geometria ottaedrica; tuttavia sulla superficie del cristallo il titanio è circondato solo da cinque atomi di cloro data l’interruzione della struttura cristallina e pertanto possiede una vacanza di Cl cioè ha un orbitale d disponibile.

Il titanio superficiale può perdere uno ione Cl e può quindi avere due orbitali d disponibili uno dei quali può essere occupato dal gruppo –C2H5 legato all’alluminio e rimanendo ancora disponibile un altro orbitale.

Una volta formatosi questo centro attivo gli elettroni del legame π presenti nel propene vanno a riempire tale orbitale con formazione di un complesso e ciò avviene con una ben precisa orientazione in quanto il propene, nell’avvicinarsi dispone il gruppo più ingombrante, il metile, sempre dalla stessa parte dove è minore l’ingombro sterico.

In seguito a riarrangiamenti  il titanio ha ancora un orbitale d disponibile che è ancora una volta occupato da un altro monomero di propene. Esso , dopo un ulteriore riarrangiamento porta all’accrescimento del polimero e alla presenza di un orbitale d disponibile. Il processo si ripete n volte fino ad ottenere il polimero

Polistirene

Il polistirene è un polimero termoplastico aromatico derivante dal monomero stirene il cui nome I.U.P.A.C. è  feniletene che è un derivato del petrolio.

E’ solido a temperatura ambiente e a 100°C si rammollisce ritornando, come tutti i polimeri termoplastici, allo stato solido quando è raffreddato. Esso contiene solo atomi di carbonio e di idrogeno ed è pertanto classificato come un idrocarburo. Gli atomi di carbonio sono legati tra loro tramite legami covalenti dove si alternano atomi di carbonio legati a due atomi di  idrogeno a atomi di carbonio legati a un idrogeno e un gruppo fenilico.

polistirene

Polimerizzazione

Per ottenere il polistirene si procede attraverso tre stadi:

1)      Ottenimento dell’etilbenzene a partire dal benzene

2)      Ottenimento del feniletene

3)      Polimerizzazione del feniletene

Per ottenere l’etilbenzene vengono fatti reagire, a circa 900 °C e alla pressione di 20 atm, il benzene con l’etene in ambiente acido che opera da catalizzatore:

alchilazione

La reazione di alchilazione del benzene è una reazione di alchilazione Friedel- Crafts e il catalizzatore usato a livello industriale a un alluminosilicato denominato ZSM-5 che è una zeolite.

I vapori di etilbenzene sono mescolati con un eccesso di vapore acqueo  in presenza di ossido di ferro (III) quale catalizzatore. Avviene la deidrogenazione dell’etilbenzene e si ottiene il feniletene che costituisce il monomero di partenza per la reazione di polimerizzazione:

fenilbenzene

Come la maggior parte dei polimeri vinilici il polistirene è ottenuto con una reazione di addizione per via radicalica.

I monomeri si legano secondo un meccanismo testa-coda per formare una catena lineare polimerica ad alto peso molecolare.

Meccanismo

Come iniziatori possono essere usati catalizzatori quali i perossidi come il perossido di benzoile che quando viene riscaldato si suddivide in due radicali che reagiscono con il monomero.

iniziazione

Il doppio legame che si rompe è quello esterno all’anello benzenico in quanto l’eventuale rottura di un doppio legame dell’anello comporterebbe la perdita della risonanza.

Il radicale reagisce con lo stirene secondo la reazione:

attacco-radicalico polimeri termoplastici

con formazione di un radicale sul carbonio. Tale radicale reagisce a sua volta con una molecola di stirene:

propagazione

si ha il secondo stadio che è quello della propagazione.

La terminazione ha luogo quando due radicali liberi si uniscono tra loro come, ad esempio:

– RH· + ·HR- → -RH-RH-

Proprietà

A seconda della destinazione d’uso il polistirene è messo in commercio nella versione comune o come polistirene espanso. E’ resistente agli acidi, ad eccezione di quelli ossidanti, alle basi e all’acqua, mentre è solubile in solventi organici quali l’acetone e i composti aromatici.

Presenta una certa resistenza al fuoco e, se unito ad opportuni additivi, ritarda la propagazione della fiamma. Ha una conduttività termica ridotta ed è pertanto usato quale isolante termico. Presenta inoltre impermeabilità all’acqua, ma al contempo è permeabile al vapore acqueo. Tale caratteristica rende il polistirene un polimero adottato per gli interni degli edifici in quanto con il suo uso si impediscono le formazioni di muffe.

Il polistirene espanso è usato, oltre che nell’edilizia, anche per l’imballaggio essendo in grado di attutire gli urti

Polivinilcloruro

Il polivinilcloruro noto come PVC è tra i polimeri termoplastici uno dei più versatili che trova largo uso nel settore delle costruzioni ad esempio in tubi, grondaie e pavimenti di vinile, nell’industria automobilistica, per i giocattoli, per gli imballaggi e nel campo medico: è infatti usato, tra l’altro, nei sistemi di drenaggio, nelle sacche di fluido, contenitori.

Proprietà

Il PVC ha infatti eccellenti proprietà di isolamento elettrico e buona resistenza agli urti e alle sostanze chimiche. E’ intrinsecamente ignifugo, ma ad esso possono essere comunque aggiunti, in casi particolari, ritardanti di fiamma.

La versatilità del polivinilcloruro è dovuta al fatto che esso è compatibile con diversi tipi di additivi come i plastificanti che lo rendono flessibile; si distingue infatti il PVC-U ovvero quello non plastificato da quello plastificato che hanno caratteristiche e usi diversi.

Sintesi del vinilcloruro

Il monomero di partenza è il cloroetene più noto come vinilcloruro (VCM) o cloruro di vinile avente formula C2H3Cl, alchene con struttura:

vinilcloruro

L’etene o etilene è ottenuto a livello industriale dal cracking termico del gas naturale, dell’etano e di altri idrocarburi ad alto peso molecolare e dal suo isolamento dai gasi ottenuti nei processi di cracking e reforming nell’ambito dell’industria petrolchimica.

Il cloroetene è ottenuto in più stadi: nel primo stadio si ottiene l’1,2-dicloroetano.

Quest’ultimo può essere sintetizzato in due modi.

1)      Per clorurazione dell’etene che avviene secondo la reazione:

CH2=CH2 + Cl2 → ClCH2CH2Cl

La reazione è esotermica ed ha una variazione di entalpia pari a ΔH = – 218 kJ/mol

2)      Per ossiclorurazione dell’etene in presenza di acido cloridrico e ossigeno secondo la reazione:

CH2=CH2 +2 HCl +1/2  O2 → ClCH2CH2Cl + H2O

La reazione è esotermica ed ha una variazione di entalpia pari a ΔH = – 238 kJ/mol

Il vinilcloruro è quindi ottenuto dal l’1,2-dicloroetano tramite cracking termico in cui alla temperatura di 500°C e alla pressione di 15-30 atm l’1,2-dicloroetano si decompone in cloruro di vinile e HCl secondo la reazione:

ClCH2CH2Cl → CH2=CHCl + HCl

La reazione è endotermica ed ha una variazione di entalpia pari a ΔH = + 71 kJ/mol

Polimerizzazione

La polimerizzazione del cloruro di vinile avviene secondo un meccanismo radicalico che prevede una fase iniziale detta di iniziazione in cui si forma un radicale a partire, ad esempio, da un perossido per riscaldamento o in presenza di luce secondo la reazione:

R-O-O-R → 2 RO∙

Il radicale formatosi nella fase preliminare detta di iniziazione reagisce con il cloruro di vinile per dare un carbonio radicalico

Il carbonio radicalico formatosi reagisce con un’altra molecola di cloruro di vinile per dare un altro radicale con maggior peso molecolare. Tale processo detto di propagazione si ripete n volte per dare una lunga catena polimerica.

polimerizzazione

Quando un radicale collide con un altro radicale sia esso RO∙ che un carbonio radicalico ha luogo la terminazione e si è formato il PVC che può essere rappresentato come:

PVC polimeri termoplastici

La reazione di polimerizzazione è esotermica pertanto, per disperdere il calore prodotto dalla reazione, questa è condotta in soluzione, in emulsione o in sospensione; in modo che il mezzo liquido,  evaporando, sottrae calore al sistema.

Al termine delle reazioni di polimerizzazione il polivinilcloruro si presenta come polvere o come granulato bianco che viene poi sottoposto alla tecnologia più opportuna sulla base delle caratteristiche e delle forme richieste.

Usi

Oltre a tutte le applicazioni in cui il polivinilcloruro è utilizzato non possono essere dimenticati i dischi in vinile che hanno accompagnato con le loro note i momenti migliori dei giovani degli anni ’60. Solo negli anni ’80 cedettero il passo alle musicassette  a loro volta soppiantate negli anni ’90 dai CD.

La produzione di PVC ebbe inizio, in Italia, a Porto Marghera, agli inizi degli anni ’50 ma se da un lato ha portato indubbi benefici all’economia della nazione, dall’altro ha provocato un notevole impatto ambientale e soprattutto ha cagionato la morte a molti degli operai che avevano contatto con il VCM.

La letteratura scientifica già nel 1974 evidenziò che il VCM era responsabile dell’angiosarcoma nel fegato e successivamente fu dimostrata la sua cancerogenicità in altri organi quale cervello e polmone.

Attualmente sono pertanto adottate misure di sicurezza atte a scongiurare qualunque pericolo per i lavoratori e per l’ambiente.

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