La reazione di Goldberg deve il suo nome alla chimica russa Irma Goldberg, che la descrisse per la prima volta nel 1906. Questo processo, catalizzato dal rame, coinvolge la reazione di alogenuri arilici con ammine o ammidi aromatiche, portando alla formazione di arilammine o arilammidi, rispettivamente, in presenza di basi.
Il contesto delle ricerche di Irma Goldberg
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Irma Goldberg avviò le sue ricerche all’Università di Ginevra, dove incontrò e sposò il chimico tedesco Fritz Ullmann. Insieme, esplorarono l’uso del rame come catalizzatore per la sintesi di un derivato fenilico dell’acido tiosalicilico. Questo processo è noto come reazione di Ullmann, dalla quale si ottengono composti diarilici o poliarilici attraverso la condensazione di alogenuri arilici (eccetto i fluoruri arilici) o attraverso la reazione di alogenuri arilici con anilina o fenolati.
Dettagli e applicazioni della reazione di Goldberg
La reazione di Goldberg rappresenta una N-arilazione delle ammidi, una trasformazione cruciale nella sintesi organica. Negli ultimi anni, ha guadagnato particolare attenzione per la sua applicazione nella creazione di prodotti farmaceutici e nella chimica fine. Tipicamente, la reazione coinvolge un’accoppiamento tra un’anilina o un’anilina N-sostituita e un alogenuro arilico in un ambiente basico. Un esempio specifico è il seguente: l’anilina reagisce con l’acido 2-clorobenzoico in presenza di idrossido di potassio e carbonato di potassio, producendo un nuovo legame carbonio-azoto. La reazione avviene in un tempo di circa 2 ore sotto reflusso, il che implica il riscaldamento del sistema chimico per un periodo specifico, mentre il vapore prodotto viene continuamente condensato e riportato in forma liquida mediante un condensatore. Questo meccanismo consente di mantenere costante la temperatura della reazione. Un catalizzatore comunemente usato è composto da ioduro di rame (I) CuI e 1,10-fenantrolina, nota anche come o-fenantrolina, un eterociclo aromatico contenente tre anelli condensati di cui due contenenti azoto. Gli ioduri arilici risultano più reattivi rispetto ai cloruri arilici, e la presenza di gruppi elettronattrattori sull’alogenuro arilico può accelerare l’accoppiamento. Un ulteriore esempio della reazione di Goldberg implica l’uso della salicilamide, una 2-idrossibenzammide, in accoppiamento con bromobenzene. Questa reazione conduce alla produzione di un’ammide N-sostituita con una resa del 56%, effettuata a 210°C grazie alla presenza di rame, carbonato di potassio e nitrobenzene. Inoltre, la reazione Goldberg permette di effettuare un cross-coupling selettivo tra un’ammina e ioduro o bromuro di arile, utilizzando un catalizzatore a base di rame (Cu) per ottenere la rispettiva N-arilammina. La reazione di Goldberg si configura anche come un’alternativa alla reazione di amminazione di Buchwald-Hartwig, sviluppata da Stephen L. Buchwald e John F. Hartwig, la quale comporta un accoppiamento ossidativo finalizzato alla formazione di un legame carbonio-azoto.
Evoluzioni nella N-arilazione delle ammidi
Negli ultimi anni, la N-arilazione delle ammidi ha riscosso un crescente interesse grazie alla sua significativa utilità sintetica. Pur avendo messo in luce notevoli progressi nella catalizzazione di palladio, quest’ultimo presenta costi elevati e difficoltà nel suo riciclo, limitandone l’applicazione. Pertanto, la reazione di Goldberg, che utilizza rame come catalizzatore, emerge come un’opzione vantaggiosa, data la disponibilità e il costo contenuto del rame rispetto ai metalli più nobili come il platino. Negli ultimi dieci anni, sono stati compiuti notevoli miglioramenti, specialmente con l’introduzione di ligandi chelanti. Questi facilitano l’accoppiamento di alogenuri arilici con ammidi a temperature più basse, realizzando così reazioni di Goldberg efficienti tra bromuri arilici e ammidi a una temperatura compresa tra 90 e 110 °C, ottenendo buone o eccellenti rese con l’impiego di N,N-dimetilglicina come legante. Fonte Verificata