Reazione di Williamson: sintesi degli eteri, meccanismo

La reazione di Williamson risale al 1851 ma costituisce ancora oggi, sia in laboratorio che a livello industriale, il metodo migliore per l’ottenimento di eteri sia simmetrici che asimmetrici.

Tale reazione, che avviene secondo un meccanismo SN2 coinvolge un alcossido che agisce da nucleofilo e un alogenuro alchilico in cui l’alogeno costituisce il gruppo uscente. Gli alcossidi sono basi forti e buoni nucleofili e possono essere ottenuti sfruttando il carattere debolmente acido dell’idrogeno che costituisce il gruppo –OH di un alcol. Una tipica reazione di ottenimento di un alcol è la reazione tra un alcol e il sodio metallico che è altamente riducente che produce l’alcossido liberando idrogeno gassoso:

2 ROH + 2 Na → 2 RONa+ + H2

Meccanismo della reazione di Williamson

La reazione di Williamson è di tipo concertato in cui avviene contemporaneamente la rottura del legame C-X e la formazione del legame C-O.

L’attacco del nucleofilo avviene simultaneamente alla rottura del legame fra l’atomo di carbonio e il gruppo uscente. Nel caso di un alogenuro alchilico chirale,  avviene si ha un’inversione di configurazione.

 

La velocità della reazione diminuisce all’aumentare dei sostituenti presenti sul carbonio legato all’alogeno. Infatti alogenuri alchilici primari e metilici sono ottimi substrati per la sintesi di Williamson. Gli alogenuri alchilici terziari reagiscono scarsamente per l’impedimento sterico. Esso è dovuto ai tre gruppi alchilici presenti che rallentano di molto la possibilità di attacco del nucleofilo.

Inoltre l’alcossido agisce da base nei confronti di alogenuri alchilici secondari e terziari in cui sono presenti atomi di idrogeno in posizione β. Si ottengono prodotti indesiderati derivanti da una reazione di eliminazione.

Nel caso in cui si parta da un alcol alogenato come il 4-cloro, 1-butanolo in presenza di una base forte come NaOH si verifica una sintesi di Williamson  intramolecolare. Si ha la  formazione di un etere ciclico che, nella fattispecie è l’ossolano noto con il nome d’uso di tetraidrofurano.

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