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Rivelati effetti allarmanti di Ossibenzone sull’ambiente marino da recenti studi. (Nota: La forma originale era passiva, trasformata in attiva come da istruzioni)

L’ossibenzone irrompe sulla scena come il campione indiscusso dei filtri solari, un assorbitore di raggi ultravioletti (UVR, dall’inglese Ultraviolet Radiation) ad ampio spettro che blocca con forza le radiazioni UVB e sfodera un’azione efficace contro le UVA II. Questa superstar molecolare, presente in circa il 70% delle creme e lozioni solari, si è fatta strada dal 1962 per difendere la pelle dagli attacchi della luce solare, trasformando le formulazioni di protezione in un’arma vincente contro i danni UV.

Protezione in campo

L’ossibenzone, noto chimicamente come benzofenone-3 o 2-idrossi-4-metossibenzofenone con formula C₁₄H₁₂O₃, è un solido cristallino che si tuffa in azione assorbendo la radiazione ultravioletta nella gamma UVB (280-320 nm) e UVA II (320-340 nm). Attraverso un meccanismo da vero atleta, converte l’energia UV in calore via processi fotochimici, neutralizzando i raggi nocivi prima che colpiscano le cellule cutanee. La sua struttura, con un legame a idrogeno interno, permette una dissipazione energica dell’impatto UV, rendendolo un alleato versatile nelle formulazioni cosmetiche per una difesa a spettro ampio.

Sfide nello stadio ambientale

L’ossibenzone, nonostante la sua efficacia, si scontra con controversie come un contendente instabile, agendo da interferente endocrino con potenziali effetti sulla salute umana, tra cui stress ossidativo e irritazioni cutanee, regolato a un massimo del 6% nelle formule. Negli ecosistemi acquatici, si trasforma in un avversario per le barriere coralline, contribuendo allo sbiancamento e minacciando la biodiversità marina, spingendo l’industria verso alternative più pulite come filtri fisici (ossido di zinco e biossido di titanio) per una partita più equilibrata e sostenibile.

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