La piroelettricità è un fenomeno che riguarda alcuni materiali dielettrici polari, i quali subiscono una variazione della loro polarizzazione in risposta ai cambiamenti di temperatura. Questo comportamento si manifesta anche con il rilascio di cariche superficiali nel momento in cui la temperatura del materiale fluttua, e quando la derivata della temperatura nel tempo (d T/d t) è diversa da zero.
Origine della piroelettricità
Indice Articolo
Nei cristalli, il fenomeno piroelettrico deriva da un momento di dipolo elettrico permanente che caratterizza la cella unitaria della struttura cristallina. Questa polarizzazione intrinseca è influenzata da riscaldamenti e raffreddamenti, il che porta alla generazione di cariche elettriche su superfici specifiche del cristallo. A differenza della piezoelettricità, che si attiva mediante forze meccaniche, nella piroelettricità la variazione è causata da alterazioni termiche che portano gli atomi a oscillare rispetto alle loro posizioni neutre.
Le applicazioni pratiche dei materiali piroelettrici sono molteplici e comprendono dispositivi come rilevatori di movimento, convertitori piroelettrici per energia solare, rilevatori di incendi, e strumenti per la salvaguardia della fauna, oltre alla diagnostica laser.
La storia della piroelettricità
La piroelettricità è stata menzionata per la prima volta dagli antichi Greci, intorno al 600 a.C. In particolare, il filosofo Teofrasto osservò una pietra nota come lyncurium in grado di attrarre oggetti, includendo vari metalli. Questa proprietà era probabilmente legata agli effetti di cariche elettrostatiche generate da cambiamenti di temperatura, come nel caso del minerale tormalina.
Nel 1717, il medico e chimico Louis Lemery pubblicò la prima descrizione scientifica di questo fenomeno. Successivamente, il naturalista svedese Carl von Linné associò la proprietà piroelettrica della tormalina all’elettricità, definendo il minerale “lapis electricus” (pietra elettrica).
Il termine piroelettricità è stato coniato nel 1824 dal fisico scozzese David Brewster, durante i suoi studi sul tartrato di soda e potassa. Questo materiale è stato il soggetto dell’importante scoperta della ferroelettricità da parte di Joseph Valasek circa un secolo più tardi.
I materiali piroelettrici
I materiali che presentano piroelettricità costituiscono un sottoinsieme di quelli piezoelettrici e possono essere classificati in quattro categorie principali: ceramiche, monocristalli, film sottili inorganici, e polimeri organici. Le ceramiche piroelettriche, in particolare, sono tra i più diffusi in applicazioni energetiche, grazie alle loro eccellenti proprietà.
Un esempio di ceramica piroelettrica di struttura perovskitica è il titanato di bario (BaTiO3), un cristallo ferroelettrico con un’alta costante dielettrica. Diverse ceramiche piroelettriche derivano anche dalla cosiddetta struttura bronzo al tungsteno, ognuna con specifiche formule chimiche come (A1)2 (A2)4 (C)4 (B1)2 (B2)8 O30.
Materiali monocristallini mostrano stabilità e controllabilità superiori grazie alla modifica del loro orientamento e composizione. Tra questi, il solfato di triglicina è comunemente usato nei rivelatori IR. I film sottili inorganici, invece, offrono svariati vantaggi per il loro utilizzo in sistemi elettronici e sensori flessibili.
I polimeri organici, sebbene possano avere un coefficiente piroelettrico inferiore rispetto ad altri materiali, presentano importanti vantaggi come la bassa permittività dielettrica, maggiore flessibilità e costi contenuti. Tra i materiali polimerici, il polivinilidenfluoruro (PVDF) emerge per i suoi elevati coefficienti piroelettrici e piezoelettrici, rendendolo idoneo per applicazioni variegate, dalle batterie ai dispositivi medici.
Il coefficiente piroelettrico
La piroelettricità, in quanto misura della sensibilità termica, è particolarmente rilevante nei materiali ferroelettrici. Questi materiali sono studiati per il loro alto coefficiente piroelettrico (p), che quantifica la risposta del materiale a una variazione di temperatura. In termini pratici, un campione di materiale di questo tipo comporta una variazione di carica per unità di superficie con ogni grado di modifica della temperatura.
In un materiale piroelettrico, la polarizzazione tipicamente diminuisce all’aumentare della temperatura a causa di un aumento del disordine. Quando è applicato un campo elettrico, si genera una risposta misurabile come carica su superfici metalliche. I parametri che influenzano tale risposta sono rappresentati da relazioni matematiche, che considerano la permittività elettrica e la polarizzazione spontanea del materiale.
Applicazioni della piroelettricità
I sensori basati sulla piroelettricità utilizzano cristalli rivestiti da elettrodi per rilevare impulsi di calore, come nel caso di un impulso laser che modifica la polarizzazione del cristallo, generando corrente. Tali rilevatori possono rispondere solo a radiazioni modulate, risultando molto più rapidi rispetto ad altre tecnologie come le termopile, senza risentire delle radiazioni di fondo.
Un altro aspetto interessante della piroelettricità è l’uso di questi materiali nella raccolta di energia termica. A differenza dei materiali termoelettrici, che richiedono un gradiente di temperatura, i materiali piroelettrici necessitano di un cambiamento di temperatura per generare elettricità. Sono stati oggetto di studi per le loro potenzialità nelle conversioni energetiche e per il miglioramento della sostenibilità ambientale.
Infine, la piroelettricità si impiega anche nella catalisi, combinando l’effetto piroelettrico con reazioni di ossidoriduzione, aprendo la strada a nuove possibilità nella trasformazione energetica e nella bonifica ambientale. Si stima che l’efficienza di conversione energetica possa raggiungere valori ben superiori a quelli dei sistemi fotovoltaici.