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La ricerca scientifica viene rivoluzionata da gas traccianti innovativi

I stanno emergendo come strumenti rivoluzionari nel mondo della e della , con la capacità di svelare misteri nascosti nei sistemi fisici, chimici e ambientali. Questi composti gassosi agiscono come segugi invisibili, seguendo il percorso di un fluido, rilevando perdite impercettibili, studiando fenomeni di diffusione e trasporto, e valutando l’efficienza di sistemi complessi. La loro efficacia deriva da caratteristiche essenziali: inerzia , assenza di tossicità, rilevabilità anche a concentrazioni infinitesimali, e la capacità di non interferire con l’ambiente circostante, rendendoli una scoperta che potrebbe trasformare completamente il monitoraggio diagnostico.

Proprietà dei gas traccianti

Per essere impiegati con successo nelle applicazioni di diagnostica e monitoraggio, i gas traccianti devono possedere una serie di proprietà specifiche, che ne determinano l’efficacia e l’affidabilità in contesti anche molto diversi tra loro.

Una delle caratteristiche fondamentali è l’inerzia chimica. Un gas tracciante, infatti, non deve reagire con l’ambiente in cui viene rilasciato né con i materiali presenti nel sistema analizzato. Solo in questo modo è possibile garantire che il comportamento del gas rifletta fedelmente quello del fluido da tracciare, senza introdurre alterazioni chimiche o perturbazioni del sistema.

Un altro requisito importante è la presenza trascurabile nell’atmosfera. Gas come l’elio, presente nell’aria solo in concentrazioni di pochi parti per milione (ppm), o i gas perfluorurati (PFC), rilevabili addirittura a concentrazioni di parti per trilione, sono ideali proprio perché consentono una rilevazione molto sensibile anche in ambienti aperti o contaminati da altri composti. Questa bassa concentrazione di fondo rende il segnale misurato molto più affidabile.

La capacità di diffondere rapidamente attraverso l’aria, i materiali porosi o eventuali microfessure è un ulteriore fattore determinante. I gas leggeri, come l’elio o l’idrogeno, sono dotati di un’elevata diffusività, che permette loro di penetrare anche nelle più piccole perdite, rendendoli perfetti per i test di tenuta ad alta precisione.

Ovviamente, devono essere anche sicuri da maneggiare. L’elio, ad esempio, è completamente atossico, inerte e non infiammabile, mentre l’idrogeno – pur essendo potenzialmente esplosivo – può essere usato in miscele diluite con azoto (solitamente al 5%) che ne annullano i rischi, mantenendo comunque buone prestazioni come tracciante.

Altro aspetto cruciale è la facilità di rilevamento. I gas traccianti devono essere rilevabili a concentrazioni molto basse, tramite strumenti ad alta sensibilità come spettrometri di massa, rilevatori infrarossi o sensori elettrochimici. La scelta del gas dipende anche dalla tecnologia di rilevazione disponibile e dal tipo di applicazione. È importante che il gas sia anche selettivo, cioè distinguibile da altri componenti dell’aria, per evitare falsi positivi.

Infine, vanno considerati fattori pratici, come la stabilità chimica nel tempo e la disponibilità commerciale. Un buon gas tracciante deve rimanere stabile nelle condizioni operative previste – anche in ambienti ostili o nel sottosuolo – e deve poter essere reperito con facilità a costi sostenibili. Gas come l’elio e l’idrogeno sono comunemente disponibili sul mercato, mentre altri, come i PFC, hanno costi più elevati ma sono preferiti per applicazioni altamente specializzate.

Principali gas utilizzati

La scelta del gas tracciante da impiegare in un’applicazione specifica dipende da numerosi fattori, tra cui la natura del sistema da analizzare, il tipo di misurazione richiesta, la sensibilità strumentale disponibile e, naturalmente, le condizioni operative. Esistono tuttavia alcuni gas traccianti che, per le loro proprietà favorevoli, sono comunemente impiegati in molteplici contesti.

L’elio è probabilmente il più diffuso tra i gas traccianti, soprattutto per il rilevamento di perdite nei sistemi in pressione e nei circuiti a vuoto. Si tratta di un gas nobile, quindi completamente inerte, con una massa molecolare molto bassa e un’elevata diffusività, che lo rendono ideale per individuare anche le più piccole microfughe.

La sua presenza trascurabile nell’atmosfera consente di ottenere un segnale chiaro e facilmente distinguibile. Inoltre, essendo non tossico e non infiammabile, può essere utilizzato in una vasta gamma di ambienti, compresi quelli con presenza di personale o materiali sensibili.

Un’alternativa interessante, soprattutto in applicazioni dove si desidera contenere i costi, è rappresentata dall’idrogeno, spesso utilizzato in miscela con azoto (tipicamente al 5%). Questa miscela, nota anche come “gas forming”, è non infiammabile e può essere impiegata in modo sicuro. L’idrogeno ha una diffusività ancora maggiore dell’elio e un’elevata mobilità molecolare, che ne fanno un ottimo tracciante per il rilevamento di perdite molto fini. Tuttavia, la sua rilevazione richiede sensori specifici, generalmente basati su principi elettrochimici o termici.

Per applicazioni ambientali o geochimiche, si ricorre spesso ai gas perfluorurati (PFC), composti chimicamente stabili e rilevabili anche a concentrazioni estremamente basse, fino a livelli di parti per trilione (ppt). I PFC non si trovano naturalmente nell’atmosfera, il che li rende perfetti per studi di dispersione atmosferica, tracciamento di flussi idrici o valutazione della ventilazione in ambienti chiusi. La loro persistenza nell’ambiente, tuttavia, richiede un uso controllato e consapevole per evitare accumuli indesiderati.

Anche il biossido di carbonio (CO₂) trova impiego come gas tracciante, soprattutto in contesti indoor o in ambito edilizio, ad esempio per valutare l’efficienza dei sistemi di ventilazione o per analizzare il ricambio d’aria in ambienti confinati. Pur essendo presente naturalmente nell’aria, può essere utilizzata con successo in ambienti controllati dove è possibile distinguere la CO₂ di fondo da quella introdotta artificialmente.

In applicazioni specialistiche si utilizza talvolta l’esafluoruro di zolfo (SF₆), un gas pesante, chimicamente inerte e altamente rilevabile. Per via del suo impatto ambientale, è infatti un potente gas serra, il suo uso è attualmente limitato a contesti dove non vi siano alternative tecnicamente equivalenti, come alcune prove di tenuta in apparecchiature elettriche ad alta tensione.

Pertanto la scelta del gas tracciante ideale è sempre il risultato di un compromesso tra -fisiche, requisiti applicativi, sicurezza d’uso e impatto ambientale. La padronanza delle caratteristiche di ciascun gas è quindi essenziale per progettare una strategia di tracciamento efficace e sostenibile.

Fonte Verificata

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