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Lavoro su elettrodo

Un elettrodo di lavoro è un componente fondamentale in una cella elettrochimica, in cui si verifica la reazione tra la superficie dell’elettrodo e gli analiti. Questo elettrodo gioca un ruolo cruciale nei processi elettrochimici, influenzando la reazione in base al materiale e alle proprietà superficiali utilizzate.

I materiali scelti per l’elettrodo di lavoro devono offrire elevate proprietà di trasferimento degli elettroni verso il substrato, garantendo, al contempo, un’alta energia di attivazione per il trasferimento di elettroni nelle principali reazioni competitive.

cella elettrochimicacella elettrochimica

Nel campo microscopico, il potenziale dell’elettrodo di lavoro è influenzato dalla sua interazione con l’ambiente, come l’elettrolita, e la sua stabilità potenziale è fondamentale per ottenere risultati precisi. L’elettrodo di lavoro è impiegato in diverse tecniche analitiche come la voltammetria ciclica, la cronoamperometria, la cronopotenziometria, la voltammetria ad onda quadra e la voltammetria a impulsi.

Sistema a tre elettrodi

Un dispositivo elettrochimico funge sia da fonte di alimentazione, in grado di erogare e corrente, sia da strumento per misurare con precisione entrambe. Un misuratore di corrente è collocato tra il morsetto dell’elettrodo di lavoro e quello del controelettrodo, mentre un voltmetro è collegato tra l’elettrodo di lavoro e l’elettrodo di riferimento.

Sistema a tre elettrodiSistema a tre elettrodi

Il sistema a tre elettrodi è organizzato in modo tale che l’elettrodo di lavoro, l’elettrodo di riferimento e il controelettrodo siano tutti connessi alla cella elettrolitica. Questi tre elettrodi costituiscono due circuiti: uno, formato dall’elettrodo di lavoro e dall’elettrodo di riferimento, ha una corrente molto contenuta, utilizzata per misurare il potenziale dell’elettrodo, mentre l’altro circuito, che comprende l’elettrodo di lavoro e il controelettrodo, è dedicato alla misurazione corrente. Questo approccio consente di ottenere misurazioni più accurate degli elettrodi in contesti di test.

Tuttavia, l’elevata corrente che fluisce nel sistema può causare potenziali di caduta nella soluzione e polarizzazione del controelettrodo, rendendo difficile la determinazione diretta e precisa del potenziale dell’elettrodo di lavoro. Per ovviare a questo, si utilizza un elettrodo di riferimento, il cui potenziale è stabile e ben noto. La corrente nel circuito dell’elettrodo di riferimento rimane minima, permettendo di ignorare la polarizzazione e altre cadute di tensione. In questo modo, si può ottenere il potenziale dell’elettrodo di lavoro basandosi sul riferimento, mentre la corrente è misurata attraverso il circuito costituito dall’elettrodo di lavoro e dal controelettrodo.

Materiali dell’elettrodo di lavoro

La scelta del materiale per l’elettrodo di lavoro è cruciale, poiché influisce direttamente sul corso della reazione elettrochimica. Quest’elettrodo deve essere resistente alla corrosione e può essere ottimizzato mediante additivi o trattamenti superficiali. Per le applicazioni di elettrolisi in massa, è preferibile un alto rapporto superficie/volume per ridurre il necessario per l’elettrolisi. Gli elettrodi possono essere costruiti con materiali come griglie, schiume, metalli espansi, mercurio liquido, materiali porosi e lana.

materialimateriali

I materiali utilizzati sono generalmente chimicamente stabili, con superfici e morfologie ben definite. Tra i più comunemente usati ci sono il platino e il carbonio vetroso, che sono spesso lavorati come dischi lucidati o microelettrodi. Gli elettrodi a disco, di dimensioni contenute, possono essere realizzati con policlorotrifluoroetilene (PCTFE), un polimero fluorurato ottenuto dalla polimerizzazione del clorotrifluoroetilene.

Il PCTFE si distingue per la sua bassa permeabilità ai gas e resistenza ai solventi, rendendolo un materiale adatto per applicazioni in cui è richiesta stabilità dimensionale e resistenza chimica. Gli elettrodi costruiti con questo polimero possono integrare dischi in vari materiali quali carbonio vetroso, oro, platino, palladio, nichel, argento, mercurio, amalgama d’oro, diamante drogato al boro e grafite pirolitica.

Per la misurazione di sostanze organiche o inorganiche, l’utilizzo di elettrodi in platino o oro è preferito grazie alla loro alta sovratensione per la reazione di evoluzione di ossigeno e bassa sovratensione per la reazione di evoluzione di idrogeno. L’elettrodo di mercurio è specificamente usato per misurare la riduzione di ioni metallici grazie alla sua alta sovratensione per l’evoluzione dell’idrogeno.

Nuove prospettive

La crescente domanda di litio, sostenuta dall’aumento del mercato delle batterie, sta spingendo verso una ricerca continua di metodi di estrazione più efficaci. Il litio, per la sua elevata reattività, si trova in principalmente sotto forma di sali come il carbonato di litio, disponibili in giacimenti localizzati in Cile, Argentina, Bolivia, Cina e Australia. Tuttavia, la difficoltà e i costi associati all’estrazione del litio dalle salamoie stanno rendendo la ricerca di tecnologie più efficienti sempre più necessaria.

Tra i metodi di estrazione della salamoia, le tecniche attualmente utilizzate includono metodi di estrazione, adsorbimento, tecnologie di separazione a membrana e precipitazione; tuttavia, ognuno di essi presenta problematiche legate a consumi, tempi e costi. In questo contesto, l’estrazione elettrochimica del litio emerge come un’alternativa ecocompatibile, caratterizzata da un processo semplice ed efficiente. Basata sul funzionamento delle batterie al litio ferro fosfato, questo metodo estrae il litio attraverso l’ di materiali elettrodici a potenziale controllato.

Il processo di estrazione elettrochimica del litio avviene grazie al movimento degli ioni Li+ tra l’elettrodo e l’elettrolita durante le fasi di carica e scarica: gli ioni litio vengono ridotti dall’elettrolita e intercalati nel catodo, rappresentante l’elettrodo di lavoro durante la scarica, per poi essere desorbiti nell’elettrolita durante la carica.

In questo processo, la salamoia agisce come elettrolita e il fosfato di ferro (III) è considerato come possibile elettrodo di lavoro, grazie alla sua rapidità di operazione, alla minima entalpia coinvolta nella rottura e formazione dei legami chimici e al ridotto fabbisogno energetico. In alternativa, materiali come l’ossido di litio e manganese (LiMn2O4) e il litio ferro fosfato (LiFePO4) sono proposti per le loro elevate caratteristiche di selettività e basso costo.

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