Il concetto di corrente elettrica è strettamente legato al movimento di particelle dotate di carica elettrica, come gli elettroni. Queste particelle in movimento sono chiamate portatori di carica, che possono essere elettroni, lacune o ioni.
Per misurare la corrente elettrica, si utilizza il simbolo “I” o “i”, e l’unità di misura nel Sistema Internazionale è l’ampere. È possibile determinare la corrente misurando la quantità di carica che attraversa una sezione trasversale di un filo in un dato intervallo di tempo. L’intensità della corrente è data dalla formula i = q/t, dove q rappresenta la quantità di carica in coulomb e t è il tempo in secondi.
L’ampere si definisce come il passaggio di una carica di un coulomb attraverso una sezione trasversale del filo ogni secondo. L’equazione dimensionale dell’ampere è [C · s^−1], e l’organo che misura l’intensità di corrente è l’amperometro.
Il flusso di corrente dipende dal mezzo conduttivo attraverso il quale essa si muove. Nei conduttori, nei semiconduttori, negli elettroliti e nei plasmi, le particelle responsabili del trasporto della carica sono diverse.
Quando si applica una differenza di potenziale elettrico tra due punti in un conduttore, la corrente inizia a fluire dal potenziale più alto a quello più basso. Maggiore è la tensione o la differenza di potenziale, maggiore sarà la corrente che scorre tra i due punti. In assenza di una differenza di potenziale, la corrente non può fluire.
La corrente elettrica può generare campi elettromagnetici, che sono sfruttati in induttori, trasformatori, generatori e motori. Inoltre, nei conduttori elettrici, la corrente provoca riscaldamento resistivo, come ad esempio nella luce emessa da una lampada a incandescenza.