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Air India evita l’obbligo di test psicologici per i piloti, mentre altri sistemi europei li impongono rigorosamente

Sconvolgente: Pilota di Air India fa schiantare l’aereo per depressione? Test psicologici folli non bastano!
Se il comandante ha deliberatamente tagliato il carburante, chi vola con questi piloti? Dal disastro del 12 giugno 2025, voci di malattia mentale riaccendono il caos sui controlli: domande strambe come “Chi spingi giù per primo?” e test da incubo. È la follia dell’aviazione! #AirIndiaCrash #PilotiPazzi #SaluteMentaleNeiCieli (147 caratteri)

Il disastro del volo Air India AI171 del 12 giugno 2025 ha lasciato tutti a bocca aperta: secondo il Wall Street Journal, citando funzionari USA, il comandante Sumeet Sabharwal ha interrotto volontariamente il flusso di carburante, come rivelato dai file audio della scatola nera. Ora, con voci non confermate di depressione e problemi mentali che girano come un virus online, scoppia il dibattito su quei test psicologici che dovrebbero “salvare” i piloti – ma forse sono solo una farsa burocratica.

Ma come diavolo funzionano questi esami? Stefano Tosti, pilota e istruttore di CRM (Crew Resource Management), ci getta nella follia. «Prima di quel momento, i controlli rientravano nella categoria dei test medici, che includevano anche delle valutazioni psicologiche poco approfondite», spiega, riferendosi all’incidente del volo Germanwings del 2015 che ha cambiato tutto. Da allora, l’ICAO ha imposto più severe per smascherare piloti instabili, inclusa la fatigue.

Questi test non sono una passeggiata: niente di universale, ma robe come i test MMPI o 16 PF, con 600-800 domande che ti tengono inchiodato per tre ore. «I test si compongono di diverse tipologie di quesiti: dalle prove di abilità logica, dove viene richiesto di muovere degli oggetti nello spazio e incastrarli in altri oggetti, fino agli matematici e agli esercizi riferiti all’aereo», continua Tosti. E poi arrivano le chicche: «Poi, chiaramente, c’è tutta la parte delle domande di carattere personale, ad esempio “Sei su una torre, tuo padre è da una parte e tua madre dall’altra, chi spingi giù per primo?”, oppure “Hai mai sognato di essere un imperatore romano? E un terrorista?”. È anche possibile che queste domande si ripetano nel corso del test». Insomma, roba che ti fa pensare: questi tizi sono piloti o psicopatici sotto esame?

A decidere tutto sono le autorità come ENAC in Italia o le DGCA locali, seguendo le linee guida dell’ICAO. In Europa, ti becchi questi test all’inizio e poi ogni anno, con simulatori che simulano emergenze folli per vedere se il pilota è un testone o un pazzo furioso. «Ad esempio, al pilota viene chiesto di realizzare un atterraggio con forte vento e con l’indisposizione totale del copilota», aggiunge Tosti, per controllare se scatta la rabbia o lo stress da apocalisse.

E non finisce qui: dal 2019, c’è il CRM, una formazione ogni due anni per insegnare ai piloti a non ammazzarsi a vicenda, e programmi di supporto come il Pilot Peer Support, obbligatorio in Europa dal 2018. Ma in India? Lì i test iniziali sono tosti, ma poi sono solo “raccomandati” – sì, avete letto bene, non obbligatori. «I test psicologici delle compagnie aeree indiane sono particolarmente e severi: quello che cambia, però, è il monitoraggio periodico», ammette Tosti. Dopo questo crash, scommetto che cambierà in fretta, o continueremo a volare con piloti che potrebbero essere punto di crollare!

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