Svelata la capsula del tempo da urlo: una Chevy Vega e cimeli anni ’70 che ridicolizzano i nostri antenati! Chi l’avrebbe detto che aprire una scatola vecchia di 50 anni sarebbe stato più epico di un blockbuster di Hollywood? Nel 2025, a Seward, Nebraska, hanno finalmente srotolato “1975 – Do not open until 4th July 2025”, e dentro c’era di tutto: lettere, foto, audiocassette, vestiti e, udite udite, una Chevrolet Vega gialla che fa passare i nostri SUV per giocattoli. Questa bomba del passato era la capsula più grande del mondo – sì, con una macchina intera! – ma ora è stata surclassata da una inglesa che ha battuto il Guinness. #CapsulaDelTempo #Storiasensazionale #Anni70Regnano
Ora, immaginate di essere voi a sbirciare in un’istantanea del passato, perché le capsule del tempo non sono solo robetta da museo, ma un modo per urlare al futuro: “Ehi, ecco com’eravamo!”. Secondo la International Time Capsule Society, costruire una capsula “offre a persone, famiglie e organizzazioni una voce indipendente per parlare del futuro”. Questi tesori storici, che chiunque può creare – dai governi ai tipi strambi del quartiere – conservano cimeli della vita quotidiana, e ne abbiamo sparse in tutti i continenti, anche se qualcuna si è persa nei meandri della storia. La più lontana? Quella di Atlanta del 1940, programmata per il 8113 – fra 6.000 anni – che ci fa sembrare dei dilettanti con la pazienza.
Parlando di antiche glorie, il termine “time capsule” è spuntato negli anni ’30, e la più vecchia che abbiamo trovato è una valigia polacca del 1726, piena zeppa di documenti, oggetti e quattrini per i discendenti. Poi, nel 1761, hanno ficcato roba nella banderuola di rame della Faneuil Hall a Boston – che spreco, anziché decorazione! – e ce n‘è un’altra del 1795, riesumata e “aggiornata” nel 2015, esposta al Museum of Fine Arts come se fosse un selfie del Settecento. E che dire della capsula trovata per caso a Boston nel 2015, durante i lavori al MIT? Le ruspe hanno pescato una scatola cilindrica trasparente del 1957, destinata al 2957, con una fiala di penicillina sintetica, il superconduttore Cryotron, un piccolo componente elettronico e una lettera per i futuri curiosoni. L’hanno riesumata, studiata e ributtata sotto terra – perché, dai, lasciamo qualcosa di divertente per i nostri pronipoti.
Passando alla star assoluta, la Crypt of Civilization ad Atlanta: una stanza gigantesca creata nel 1940 da Thornwell Jacobs, che si è stufato delle lacune storiche e ha pensato, “Facciamogliela vedere noi ai posteri tra 6.000 anni!”. Programmata per il 28 maggio 8113 – calcolato basandosi sul calendario egizio del 4241 a.C. – è piena zeppa di documenti, microfilm, gadget elettronici e robetta che Jacobs chiama “al nostro dovere archeologico”. Un po’ egocentrico, no? Magari per compensare millenni di casino umano.
Per non farci sentire provinciali, ci sono capsule sparse ovunque: l’International Time Capsule Society tiene traccia di quelle in Europa e America del Nord, con qualcuna anche in Italia, tipo al Castello di Pergine Valsugana, al Cassero Senese di Grosseto e nel giardino del Convitto Nazionale Maria Luigia a Parma. E poi ci sono le leggende, come quella sotto la Blackpool Tower o le 17 sepolte a Corona, California, che nessuno trova – forse perché sono più brave a nascondersi dei nostri segreti di Stato! Che ironia, eh? – Ma che cavolo, se le capsule del tempo ci insegnano qualcosa, è che il nostro presente è solo un wtf per il futuro. #TimeCapsuleMistery #StoriaVirale