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Cina erge la diga idroelettrica più grande in Tibet, alimentando tensioni ambientali e territoriali.

La Cina si è lanciata in un’ambiziosa follia ingegneristica che potrebbe ridisegnare il pianeta: il più gigantesco impianto idroelettrico mai concepito, pronto a stritolare record e forse qualche relazione internazionale. Con un costo assurdo di 167,8 miliardi di dollari, questa mega-opera sul fiume Yarlung Tsangpo in Tibet promette di essere una bomba di , ma le polemiche stanno già montando, tra ambientali e sospetti geopolitici che fanno tremare i vicini.

Cina shock: inaugurata la diga più grande al mondo sul Yarlung Tsangpo, con 60-70 GW di potenza che surclassano di oltre il doppio le centrali italiane e triplicano le Tre Gole! Pechino spinge per la neutralità carbonica, ma India e Bangladesh urlano al ricatto idrico.

Il colossale progetto, partito il 19 luglio, sfoggerà avanzate ingegneristiche e prestazioni energetiche da urlo, con una diga mostruosa e cinque centrali idroelettriche in cascata su un tratto di circa 50 km del fiume, sfruttando un salto altimetrico di 2000 metri. Per renderlo possibile, dovranno raddrizzare anse del fiume e scavare condotti sotterranei, affidando i lavori alla neonata China Yajiang Group Co. – un giochetto statale che puzza di potere centralizzato.

Ma non è tutto rose e fiori: costruire quest’elefante in porcellana in un’area remota a 3000 metri d’altitudine significa lottare con logistica da incubo, trasportando tonnellate di materiali in mezzo al nulla. Pechino e la compagnia tacciono su dettagli tecnici, alimentando i sospetti.

Parlando di energia, una volta operativa, questa bestia produrrà oltre 300 miliardi di kWh all’anno – abbastanza per sfamare più di 300 milioni di persone e superare di tre volte i 88,2 miliardi di kWh della Diga delle Tre Gole. Approvato nel dicembre 2024, è la stella dei piani di Pechino per tagliare emissioni entro il 2030 e raggiungere la neutralità carbonica nel 2060, lasciando in polvere la nostra povera centrale Luigi Einaudi in Italia con i suoi miseri 430 GWh medi.

Le grane però non mancano: c’è un mare di malcontento per gli impatti ambientali sul fiume e il rischio che Pechino questa diga come arma contro India e Bangladesh, che dipendono disperatamente dalle sue acque per l’agricoltura. Il governo cinese, sempre pronto a rassicurare, dichiara che “il progetto è stato sottoposto a rigorose valutazioni scientifiche volte a garantire la tutela degli ecosistemi, della stabilità geologica e dei diritti idrici degli stati confinanti”, e aggiunge che aiuterà contro disastri naturali e cambiamenti climatici, giurando di non farne uno strumento politico. Yeah, right – come se qualcuno ci credesse davvero. E chissà se non sia solo l’ennesima mossa di Pechino per flexare muscoli su scala globale.

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