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Cosa accade se lo Stretto di Hormuz viene chiuso dall’Iran, il canale cruciale per un terzo del petrolio globale?

Esplosivo scontro nel Medio Oriente: Israele domina i cieli su Teheran mentre l’Iran minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz, potenzialmente facendo impennare il prezzo del petrolio e scatenando il caos globale! Con 250 morti in Iran e 30 in Israele, questa guerra sta per accendere una miccia sul 30% del petrolio mondiale.

L’operazione Rising Lion di Israele, partita con un attacco alle infrastrutture nucleari e ai vertici militari iraniani, si è trasformata in una vera carneficina su larga scala tra due nazioni che non condividono nemmeno un confine. Da giorni, missili balistici, droni e aerei stanno volare come in un brutto film d’azione, lasciando dietro quasi 250 cadaveri in Iran e una trentina in Israele – e indovinate un po’, se l’Iran decidesse di giocare la carta sporca bloccando lo Stretto di Hormuz, il mondo intero potrebbe ritrovarsi con il petrolio alle stelle, traffici energetici in tilt e una bella escalation militare che nessuno si è fermato a pensare. Diciamolo chiaro: è una mossa da duri, ma potrebbe far crollare l’economia globale come un castello di carte.

Lo Stretto di Hormuz, quel passaggio marittimo vitale che si estende per circa 560 chilometri separando il Golfo Persico da quello dell’Oman, vede transitare il 30% del petrolio mondiale – parliamo di migliaia di navi al mese che portano alle nostre auto e alle nostre case. In appena cinque giorni di raid aerei e attacchi con droni, l’esercito israeliano ha fatto fuori pezzi grossi come il generale Gholamali Rashid, il capo dell’esercito regolare Mohammad Bagheri (la seconda carica dopo la Guida suprema Ali Khamenei), il comandante delle Guardie della Rivoluzione islamica Hossein Salami e quello dell’intelligence Mohammad Kazemi. Persino il capo della Forza Quds, Esmail Qaani, è finito sotto terra. Sul conto di Ali Khamenei si vocifera che sia scappato a Mashhad per salvarsi la pelle, ma chissà quanto durerà questo gioco al massacro.

Ecco il vero asso nella manica per Teheran contro Tel Aviv: con l’aviazione israeliana che ormai vanta la supremazia assoluta nei cieli di Teheran – i portavoce delle Forze armate hanno dichiarato di avere il totale controllo dello spazio aereo, grazie a un mix di leadership iraniana in confusione, aerei obsoleti e difese aeree sabotate dal Mossad – l’Iran potrebbe ripiegare su una mossa da maestri del ricatto geopolitico. Chiudere lo Stretto di Hormuz al traffico commerciale sarebbe come tirare un pugno in faccia al mondo intero, costringendo tutti a fare pressing su Israele per fermare i raid. Non è bello, ma è efficace – e un po’ scorretto, se ci pensate.

Perché questo stretto è il gioiello della corona per l’economia globale? Situato tra Oman e Iran, con un punto largo appena 34 chilometri, collega il Golfo Persico al Golfo di Oman e fa passare ogni giorno circa 20 milioni di barili di petrolio – un quinto dell’offerta mondiale – oltre a un bel po’ di gas liquido da paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Iraq e Iran stesso. La costa nord è tutta iraniana, mentre dall’altra parte ci sono basi Usa pronte a intervenire, con corsie di navigazione larghe solo 3 chilometri ciascuna per evitare che le navi si scontrino come in un ingorgo apocalittico.

Ma se l’Iran decidesse di bloccare tutto con le sue navi o attaccando quelle "ostili", il mondo va in tilt: immaginate interferenze elettromagnetiche che già stanno mandando in pappa gli strumenti di bordo delle imbarcazioni, come segnalato lunedì 16 giugno. Le ripercussioni? Il prezzo del petrolio potrebbe schizzare di 20 dollari al barile, terrorizzando l’Europa – che dopo l’Ucraina si è affidata al Golfo per non congelare – e facendo sudare freddo a Usa e Cina. Washington ha già urlato a Israele di smettere di colpire impianti petroliferi e gas come quelli di Teheran e South Pars, mentre la Cina, che si porta via il 90% del petrolio iraniano nonostante le sanzioni, insiste affinché le sue petroliere navigino libere. Insomma, un casino globale che nessuno vuole, ma che potrebbe esplodere da un momento all’altro – e non dite che non ve l’avevamo detto!

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