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È possibile che accada anche ai nostri smartphone?

Cercapersone AR-924

In seguito all’esplosione di un gran numero di cercapersone in Libano, ad opera dei servizi segreti israeliani contro i miliziani di Hezbollah, il bilancio parla di 18 morti e circa 4000 feriti. Inizialmente, alcuni media hanno suggerito che un trojan potesse aver provocato il surriscaldamento delle batterie, causando le esplosioni. Tuttavia, questa teoria trova poco supporto. Le indagini indicano infatti che l’attacco potrebbe essere stato realizzato attraverso l’uso di esplosivo PETN inserito all’interno dei cercapersone, con un innesco attivabile da remoto. Questi dispositivi, particolarmente in voga negli anni ’80 e ’90 prima dell’avvento dei cellulari, erano considerati più sicuri e meno facilmente rintracciabili dai miliziani di Hezbollah e avrebbero potuto subire manomissioni durante la loro produzione o trasporto.

Ipotesi sull’esplosione dei cercapersone

La confusione generata dalla disinformazione può oscurare la comprensione dell’accaduto. È quindi cruciale considerare l’ipotesi più condivisa da funzionari libanesi ed esperti di sicurezza informatica. Alcuni funzionari hanno affermato che a ogni cercapersone sarebbe stato impiantato del materiale esplosivo di circa 30-60 grammi. Altri hanno riportato che i dispositivi erano “programmati per emettere un segnale acustico per alcuni secondi prima di esplodere”. Un ex esperto di munizioni ha suggerito che i cercapersone potrebbero essere stati attivati tramite un segnale remoto.

Analizzando i filmati degli attacchi, esperti di sicurezza informatica hanno notato che la potenza e la velocità delle esplosioni erano compatibili con la presenza di esplosivo nei cercapersone. Mikko Hypponen, ricercatore presso un’importante azienda di software, ha dichiarato che le esplosioni non potevano essere attribuite esclusivamente al malfunzionamento delle batterie.

Diverse teorie sono state avanzate riguardo alla possibilità che l’esplosivo fosse stato manomesso durante la produzione o il trasporto. Orna Mizrachi, ricercatrice in sicurezza nazionale, ha avanzato l’ipotesi che l’intervento avesse avuto luogo nella catena di distribuzione dei dispositivi, acquistati da Hezbollah.

Perché colpire i cercapersone?

Un interrogativo che sorge è il motivo per cui siano stati puntati i cercapersone anziché smartphone. La spiegazione risiede nell’approccio strategico di Hezbollah, che ha limitato l’uso dei cellulari, considerati vulnerabili agli attacchi da parte dei servizi d’intelligence. Keren Elazari, analista di cybersicurezza, ha osservato che questo attacco ha rappresentato un colpo significativo per i miliziani, in quanto ha compromesso un canale fondamentale di comunicazione.

Il modello di cercapersone coinvolto è il AR-924, forgiato dalla Gold Apollo. Dagli ultimi aggiornamenti, emerge che il lotto utilizzato sia stato prodotto in Ungheria, sebbene la società coinvolta abbia negato di essere stata parte attiva nella sua produzione.

Rischi per gli smartphone

La questione principale che rimane è se quanto accaduto riguardo ai cercapersone possa ripetersi con gli smartphone. Le probabilità sono estremamente basse. Anche se il surriscaldamento delle batterie può essere causa di preoccupazione, è improbabile che possa generare esplosioni simili a quelle avvenute con i cercapersone. Secondo Stefano Zanero, esperto di sicurezza, le teorie relative a un attacco hacker mirato a provocare esplosioni nei cercapersone non sono credibili.

Seppur ci siano stati casi di batterie al litio che hanno preso fuoco o esploso, come nel caso del Samsung Galaxy Note 7, è fondamentale sottolineare che tali eventi non possiedono la stessa violenza di quanto accaduto in Libano. Le esplosioni nei cercapersone sono frutto di un intervento deliberato ancorato a una complessa rete di manomissione della distribuzione dei dispositivi.

Fonte Verificata

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