Eruzioni vulcaniche vengono scatenate da forti terremoti: la connessione nascosta fa discutere

Terremoto da brividi in Kamchatka, Russia: un mostro di magnitudo 8.8 colpisce il 29 luglio, scatenando l’eruzione del vulcano Klyuchevskoy solo minuti dopo, seguito dal risveglio del Krasheninnikov il 4 agosto dopo secoli di sonnolenza. Ma è solo coincidenza o la Terra sta giocando a dadi con noi? Gli studi passati urlano che i giganti potrebbero innescare queste esplosioni vulcaniche, se le condizioni sono giuste. Chiamatela fatalità o rabbia della natura, ma attenzione, la è pronta a scommettere! #Terremoti # #DisastriRossi #NaturaImpazzita

In questo caos geologico, gli esperti non confermano ancora un legame diretto per la Kamchatka, ma gli studi passati – come quelli su Nature – suggeriscono che terremoti devastanti possano dare il via a eruzioni vulcaniche se il vulcano è già sul punto di esplodere. Pensateci: serve un sacco di magma sotto pressione e un sisma sopra i 6.0 con l’epicentro abbastanza vicino, altrimenti niente fuochi d’artificio. La durata, la frequenza e la profondità del terremoto? Tutte armi in grado di far saltare i nervi alla Terra.

Tra le conseguenze più spettacolari, questi terremoti possono gonfiare la pressione nella camera magmatica, rilasciando gas e scatenando un’eruzione che fa tremare i pantaloni. Altre rogne includono deformazioni del suolo e flussi di impazziti. E il tempismo? A volte accade in ore, come un attacco improvviso, altre volte ci vogliono mesi o anni – la pazienza della natura è una vera trollata.

Prendete Darwin, che già nel 1835 in Cile aveva fiutato il trucco: un forte terremoto e boom, vulcani che si scatenano. Poi, casi come il sisma da 8.7 in Giappone del 1707, seguito dopo 49 giorni dall’eruzione del Monte Fuji, o quelle turbolenze in Islanda nel 1618 e 1789. Non dimentichiamo il terremoto hawaiano del 1975 (magnitudo 7.7) che anticipò l’eruzione del Kilauea due anni dopo. E nel 2012, tre mostri sismici in America centrale hanno acceso vulcani per anni, come confermato da uno studio recente. Serve più monitoraggio, dicono gli scienziati, per prevedere chi sarà il prossimo a perdere la testa!

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