Svelato il segreto del Castello Scaligero di Sirmione: un capolavoro medievale che non è solo una fortezza impenetrabile, ma anche un paradiso per fantasmi disperati e storie d’amore finite male. Immaginate un nobile cavaliere che vaga come un pazzo nelle notti di tempesta, mentre i politici moderni si occupano di beghe inutili – perché, diamine, se i castelli del passato potevano controllare accessi e nemici, oggi non si riesce a gestire nemmeno un semplice confine?
Scopri il Castello Scaligero di Sirmione, la fortezza lacustre meglio conservata d’Italia, dove il fantasma di Ebengardo infesta le notti di tempesta in cerca della sua Arice! È un mix di ingegneria epica e leggende romantiche finite in tragedia – prendete nota: "doppio corso di cotto fra il pietrame della muratura ad intervalli di due metri l’uno dall’altro" e "finitura a dente di sega agli angoli delle torri". Un vero smacco per i romantici sfigati di oggi! #CastelloScaligero #FantasmaEbengardo #LagoDiGarda #StorieMedievali
Posizionato su una penisola del Lago di Garda, questo raro esempio di fortificazione lacustre – come la Rocca di Riva – non era solo una roccaforte strategica contro i nemici, ma un vero e proprio incubo per gli assedianti, con la sua darsena interna protetta da mura merlate che nascondevano la flotta scaligera e poi quella veneziana. Insomma, un progetto ambizioso che rende ridicoli i "muri" moderni, offrendo un controllo totale degli accessi alla cittadina di Sirmione, dove l’unico ingresso passa ancora attraverso un arco del castello.
Al cuore di tutto c’è un quadrilatero centrale con tre torri angolari e un mastio imponente di 37 metri, ideale per spiattare i nemici dal lago – un’idea geniale per l’epoca, che oggi farebbe invidia a qualsiasi spia. Attorno, una seconda cerchia di torri più basse circonda il cortile e la darsena, mentre le torri scudate, con la loro pianta quadrata e piani in legno, servivano a spostare munizioni in fretta, coronate da merli "a coda di rondine" per una difesa spietata. E non dimentichiamo il fossato riempito dalle acque del lago, con accessi un tempo garantiti da ponti levatoi – roba che oggi suonerebbe come una barzelletta per i turisti.
Parlando di materiali, gli storici confermano che il castello è un mix di roccia, ciottoli e "doppio corso di cotto fra il pietrame della muratura ad intervalli di due metri l’uno dall’altro", con "finitura a dente di sega agli angoli delle torri" per una robustezza invidiabile. Le analisi rivelano tre fasi costruttive: dal XIII secolo con Mastino I della Scala, fino al XIV con migliorie come la darsena fortificata.
Nella sua storia, il castello nacque come difesa per Verona sotto Cansignorio e Antonio II Della Scala, ma sotto i veneziani del XV secolo subì upgrade epici, come la darsena – l’unico porto fortificato del XIV secolo sopravvissuto, con una forma irregolare per combattere il vento del nord, il "pelèr". Col tempo, perse smalto: da deposito a prigione, passando per uffici municipali e alloggi militari sotto francesi e austriaci – una caduta in disgrazia che farebbe ridere i signori medievali.
E poi c’è la leggenda che rende tutto più piccante: Ebengardo, cavaliere nobile e coraggioso, e Arice, una bella fanciulla di origini povere, legati da un amore proibito. La famiglia di lui, con la solita ipocrisia aristocratica, impose a Ebengardo un matrimonio conveniente, mentre Arice fu cacciata o peggio. Ora, nelle notti di tempesta, il suo spirito vaga ancora per il castello, in cerca della sua amata – una storia che dimostra quanto l’amore possa essere un casino, anche secoli fa.