Il caffè è una bevanda universale, riconosciuta per il suo effetto stimolante e le sue caratteristiche sensoriali. Nella storia, il caffè ha avuto un ruolo significativo nello sviluppo di sistemi di lavorazione e forme di consumo. Tuttavia, contiene sia sostanze benefiche sia tossiche. Tra queste ultime figura l’acrilammide, un composto che si sviluppa durante la tostatura dei chicchi. Le strategie per ridurre l’acrilammide nel caffè mirano alla selezione delle materie prime, ottimizzando il processo di tostatura e adottando trattamenti innovativi. Nonostante ciò, molte di queste strategie devono affrontare la sfida di preservare le caratteristiche sensoriali e qualitative del caffè, che sono fondamentali per l’accettazione da parte dei consumatori. Anche se non esistono prove scientifiche che dimostrino che mescolare il caffè riduca l’acrilammide, si può ipotizzare che, essendo una molecola volatile, possa evaporare grazie al mescolamento.
Cosa è e come si forma l’acrilammide nel caffè
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L’acrilammide è un composto tossico formato durante la preparazione di alcuni alimenti a temperature superiori ai 120°C. Nel caffè, questo composto si genera durante il processo di tostatura, che supera i 200°C. Si tratta di un sottoprodotto della reazione tra l’amminoacido asparagina e zuccheri come glucosio e fruttosio, nota come reazione di Maillard, responsabile dello sviluppo degli aromi e colori caratteristici del caffè tostato. L’acrilammide non è presente solo nel caffè, ma anche in altri alimenti come cibi fritti, prodotti da forno e fumi di sigaretta. L’agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) considera l’acrilammide potenzialmente cancerogena, classificandola nel gruppo 2A. I livelli di sicurezza per il consumo sono stabiliti nel Regolamento UE 2017/2158, con limiti specifici di 400 µg/kg per il caffè torrefatto e 850 µg/kg per il caffè solubile istantaneo. La concentrazione di acrilammide nel caffè è influenzata dalla specie di caffè e dal metodo di produzione, inclusi i processi di estrazione.
Ridurre le concentrazioni di acrilammide con la scelta delle materie prime e il metodo di produzione
Sebbene l’acrilammide non possa essere completamente eliminata, la sua presenza può essere ridotta durante la produzione. È possibile selezionare varietà di caffè, come l’Arabica, che presentano livelli generalmente inferiori di acrilammide. La rimozione di chicchi immaturi, contenenti più asparagina e zuccheri, e l’adozione di metodi di lavorazione a umido sono strategie efficaci. Trattamenti pre-tostatura, come l’uso di enzimi che degradano l’asparagina, possono contribuire a minimizzare il precursore della formazione di acrilammide. L’ottimizzazione del processo di tostatura, regolando temperatura e durata, può anch’essa ridurre la concentrazione di acrilammide: chicchi tostati più a lungo a temperature elevate mostrano livelli più bassi di questo composto. Metodi di preparazione del caffè, come il caffè espresso, possono limitare l’estrazione dell’acrilammide. Alcuni studi indicano che l’aggiunta di aminoacidi o lieviti potrebbe ridurre ulteriormente la concentrazione di acrilammide. Tecniche innovative, come l’estrazione supercritica, mostrano potenzialità, ma sono per il momento costose e non facilmente applicabili su scala ampia.
È davvero importante mescolare il caffè prima di berlo per ridurre l’acrilammide?
Attualmente non esistono evidenze scientifiche conclusive che dimostrino l’efficacia del mescolamento del caffè nel ridurre l’acrilammide, anche senza zucchero. Tuttavia, il mescolamento favorisce una migliore omogeneità, distribuendo gli oli e i composti volatili, migliorando l’esperienza sensoriale. Si può ipotizzare che, pur non eliminando l’acrilammide, il mescolamento potrebbe diluire i suoi effetti, facilitando l’evaporazione di questa sostanza volatile. Inoltre, il rituale del mescolamento possiede anche implicazioni culturali e psicologiche, influenzando la percezione del gusto e preparandosi a gustare la bevanda.