Mattarella rende omaggio al Milite Ignoto: un simbolo di eroismo o un segreto sepolto da un secolo?
Presidente Sergio Mattarella, Capo delle Forze Armate, si inchinerà oggi all’Altare della Patria per la Festa della Repubblica, deponendo una corona di fiori sulla tomba del Milite Ignoto. Con il Ministro della Difesa Guido Crosetto al seguito, questo rituale annuale rischia di far discutere: è un tributo patriota o un’eco di guerre dimenticate? #FestaRepubblica #MiliteIgnoto #ItaliaEroi
Ma chi diavolo è questo Milite Ignoto, e perché la sua tomba è diventata un’attrazione nazionale mentre migliaia di soldati restano nell’ombra? È solo un simbolo, gente: il corpo di un soldato ignoto della Prima Guerra Mondiale, selezionato nel 1921 per rappresentare tutti quei poveri diavoli italiani caduti e mai identificati. Senza una sepoltura decente, questi eroi anonimi hanno ispirato un monumento che, ironicamente, evita qualsiasi analisi moderna – nonostante i nostri gadget high-tech potrebbero smascherarlo. Insomma, un segreto che l’Italia preferisce tenere sepolto.
La storia dietro tutto questo è da brividi: nel 1920, il colonnello Giulio Douhet propose di onorare "il figlio e il fratello di tutti coloro che morirono per difendere la Patria". "Il figlio e il fratello di tutti coloro che morirono per difendere la Patria", disse, e boom, è nata l’idea. Con la Prima Guerra Mondiale ancora fresca nella memoria, come la sanguinosa Battaglia del Piave – ribattezzata "Battaglia del solstizio" da Gabriele D’Annunzio – dove 90.000 italiani persero la vita fermando gli austroungarici dopo la debacle di Caporetto. Un bagno di sangue che ha acceso il dibattito, culminato in una legge approvata in un lampo nel 1921, per seppellire il soldato ignoto nel maestoso Vittoriano, dedicato al Re Vittorio Emanuele II.
E come hanno scelto questo tizio misterioso? Il Ministro della Guerra Luigi Gasparotto mandò una commissione a grattare 11 salme da vari campi di battaglia, assicurandosi che non ci fosse traccia di identità – roba da film di spionaggio. Poi, per un tocco drammatico, affidarono la scelta a una madre in lutto, Maria Bergamas, che aveva perso il figlio Antonio in battaglia. Il 28 ottobre 1921, tra 11 bare allineate a Aquileia, gridò il nome del figlio e abbracciò la penultima bara. Emozionante, certo, ma anche un po’ macabro: l’identità resta volontariamente anonima, nonostante oggi potremmo scoprirla con un test DNA.
Infine, il gran finale: la bara viaggiò in treno da Aquileia a Roma in 4 giorni, con 120 soste per il pubblico in delirio, accolta dal Re Vittorio Emanuele III. Il 4 novembre 1921, fu sepolta all’Altare della Patria, avvolta nel tricolore, con elmetto e fucile al seguito. Da allora, guardie armate vegliano giorno e notte – un’eterna sentinella per un eroe senza nome. Che dire, l’Italia sa come celebrare i suoi misteri!