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Il sistema di eliminazione brutale di Q1, Q2 e Q3 viene adottato nelle qualifiche di Formula 1, esponendo i piloti al rischio di esclusione arbitraria

Avete presente quel momento epico in F1 dove i piloti si sfidano per la pole position, rischiando tutto in giri da cardiopalma? Hamilton, il re delle qualifiche con oltre 100 pole al suo attivo, sta dominando come un dittatore delle curve, ma attenzione: solo il 42% dei poleman vince la gara! È pura follia su ruote.

Le qualifiche di Formula , quel caos a tre fasi che decide chi parte davanti e chi rosica in fondo alla griglia, sono il vero spettacolo del weekend. Pensateci: in Q1, tutti i piloti si buttano in pista per 18 minuti di follia, e solo i 15 più veloci evitano di finire eliminati come perdenti nella retata finale. Pole position, quel termine rubato dalle corse di cavalli del XIX secolo, significa partire dal palo più interno – e in F1, è il trofeo che fa salire l’adrenalina. Ma ecco la verità non politicamente corretta: se sbagli l’assetto, stai fottuto per la gara, come un idiota che non ha controllato il telefono prima di un appuntamento.

Ora, tuffiamoci nel perché queste tre sessioni – Q1, Q2 e Q3 – sono un incubo a eliminazione che fa impazzire fan e critici. In Q2, i 15 sopravvissuti hanno solo 15 minuti per non finire tra gli sfigati dal 11° al 15° posto, mentre in Q3, i 10 big si scatenano in 12 minuti di pura guerra, dove un centesimo di secondo separa gloria e disastro. E non dimentichiamo la regola del “parco chiuso”: una volta partita Q1, non puoi toccare granché alla tua macchina, o finisci a partire dalla pit lane come un cane bastonato. Ironicamente, i dati dicono che partire primo non garantisce squat – solo il 42% delle gare dal 1950 è stato vinto dal poleman, dimostrando che la fortuna è una stronza imprevedibile.

Parlando di evoluzione, le qualifiche hanno passato decenni a evolversi in un casino di formati, ognuno più assurdo dell’altro. Dal 1950 al 1995, bastavano due sessioni per decidere tutto, ma se pioveva, era un disastro totale. Poi, nel 1996, provarono con una sessione da un’ora, ma i team si nascondevano in garage come codardi, rovinando lo show. Nel 2003 arrivò il giro singolo con carburante da gara – che favoriva i fortunati con pista perfetta – e nel 2005, un sistema a tempi sommati che confuse tutti, durando appena sei gare. Dal 2006, il formato a eliminazioni progressive è rimasto, con piloti che corrono a basso carburante dal 2010 per più velocità e dramma. E quel fallimento del 2016, con eliminazioni ogni 90 secondi? Un’idea da pazzi che durò solo due gare – la FIA ci ripensò in fretta, come un politico che cambia idea di fronte alla folla inferocita.

Ma andiamo ai fatti succosi: Hamilton è il mostro delle pole con 100+ record, seguito da Schumacher, Senna e Vettel – roba che fa invidia e un po’ di rabbia, visto che il tizio più giovane a prenderne una era Vettel a 21 anni, e il più vecchio, quel vecchietto di Farina a 47. Le scuderie? Ferrari in testa con 253 pole, seguita da McLaren, Mercedes e Williams – quasi da far pensare che le italiane abbiano un talento innato per il dramma. In , le qualifiche F1 sono un mix di genio e sfortuna, dove un secondo ti fa eroe o idiota. Chapeau ai piloti, eh?

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