Eroina della Resistenza o leggenda ribelle? Irma Bandiera, alias Mimma, ha sfidato i fascisti con un coraggio da far impallidire i codardi al potere! Catturata, torturata e uccisa, non ha mai tradito i compagni. Una donna che ha umiliato il regime nazifascista con la sua forza. #ResistenzaItaliana #EroineDimenticate #StoriaVera
Preparatevi a un racconto che fa tremare i pilastri del politically correct: Irma Bandiera, la partigiana bolognese nota come Mimma, è l’eroina che i fascisti temevano più di una bomba. Nata nel 1915 in una famiglia antifascista, Irma si unì alla Resistenza dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, diventando una staffetta per i Gruppi di Azione Patriottica (Gap). Catturata il 7 agosto 1944, resistette a torture bestiali per sei giorni senza spillare una parola, e il 14 agosto fu giustiziata con colpi di pistola, con il corpo lasciato in strada come un macabro avvertimento. Oggi, è un simbolo di coraggio puro, con la medaglia d’oro al valor militare conferita postuma.
La biografia di questa leonessa è puro dramma: nata a Bologna l’8 aprile 1915 in una famiglia benestante, con un padre capomastro dalle idee antifasciste, Irma concluse la licenza elementaria e si fidanzò con Federico, mandato al fronte e ucciso quando la nave che lo trasferiva in Germania affondò dopo l’8 settembre 1943. Una storia di perdita che la spinse in prima linea, trasformandola in una figura leggendaria.
Nell’attività nella Resistenza, “Mimma” non era solo una staffetta per la VII brigata Gap Garibaldi “Gianni” di Bologna – un ruolo vitale per collegare i partigiani nelle città, evitando i controlli grazie al suo genere. Aderì al Partito comunista, la forza più spietata contro tedeschi e fascisti, e conobbe Dino Cipollani a Funo, dove aiutava soldati sbandati. I Gap, temuti come diavoli, colpivano con attentati e sabotaggi, e le donne come Irma erano le regine invisibili di questa guerra sporca.
L’arresto e la fine di Irma Bandiera sono un capitolo di orrore che i fascisti vorrebbero cancellare: il 5 agosto 1944, i gappisti uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle Brigate nere a Funo, scatenando una caccia. Catturata in quello scontro, Irma fu portata a Bologna, torturata per sei giorni per estorcere nomi e indirizzi. Ma secondo la scrittrice Renata Viganò, “la più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si chiamava Irma Bandiera”. I carnefici, umiliati dalla sua silenzio, la massacrarono il 14 agosto con colpi a bruciapelo, lasciando il corpo in strada come monito – un atto di viltà che grida vendetta.
Il ricordo di Irma Bandiera è un pugno nello stomaco per chi ignora la storia: acclamata come eroina della guerra di liberazione, il Partito comunista le intitolò una brigata e strade in vari comuni. Le fu assegnata la medaglia d’oro al valor militare con questa motivazione epica: “Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.” Oggi riposa al Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, nell’ossario dei partigiani, e in altri monumenti, un faro per chi celebra la vera ribellione.