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La celebre espressione latina ‘Si vis pacem, para bellum’ viene decodificata: origini e implicazioni nascoste rivelate nel suo significato guerrafondaio.

Meloni sfodera il mantra antico "si vis pacem para bellum" per spingere più armi, ma Schlein grida: "Vecchio come le rovine romane!" È davvero la ricetta per la pace o solo un pretesto per gonfiare i bilanci militari? In un mondo di tensioni, questa frase latina scatena dibattiti roventi e ironie infinite. #SiVisPacemParaBellum #MeloniArmi #PaceOParabellum

Prendete l’espressione latina "si vis pacem para bellum", che significa letteralmente "se vuoi la pace prepara la guerra". Giorgia Meloni l’ha sbandierata per giustificare un’esplosione di spese militari, come se armarsi fino ai denti fosse la panacea contro ogni minaccia – un’idea che fa drizzare i capelli, soprattutto in tempi di crisi globali. Ma Elly Schlein, la leader dell’opposizione, non ci sta e la liquida come roba da libri di storia polverosi, chiedendosi se non sia solo un trucco per far felici i fabbricanti di cannoni.

Tuffiamoci nelle origini di "si vis pacem para bellum". Non è uscita dalla penna di un antico imperatore, ma concetti simili venivano sparati da giganti come Platone, che nel suo "Le Leggi" suggeriva che per la pace serva prepararsi alla guerra – un pensiero che suona più come una provocazione che un consiglio saggio. Poi arriva Cicerone con la sua "Settima Filippica", dove spara: "si pace frui volumus, bellum gerendum est", ovvero "se vogliamo godere della pace, dobbiamo fare la guerra". Roba che fa venire in mente quei politici che predicano la calma mentre stringono le armi.

Non da meno, lo storico Cornelio Nepote con "paritur pax bello" – "la pace si ottiene con la guerra" – e Publio Vegezio Renato nel suo trattato "Epitoma Rei Militaris", dove scrive: "igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum". Insomma, nel IV secolo d.C., questi tizi stavano già vendendo l’idea che armi potenti evitino guai, ma chissà se avevano previsto i casini moderni.

Nella cultura di massa, "si vis pacem para bellum" è diventata un’icona sensazionalista. Nessuno sa chi l’abbia coniata esattamente, ma Machiavelli e persino Napoleone ci hanno giocato – il segretario di Napoleone la ribaltò in "se vuoi la guerra, prepara la pace", come a prendersi gioco del concetto. Poi, alla fine dell’Ottocento, una fabbrica di armi tedesca l’ha trasformata in un brand: la Luger Parabellum, che ha sparato pallottole in mezzo a due guerre mondiali. Oggi, è il motto di unità militari come il 96th Communications Squadron degli USA, perché chi non ama un po’ di ironia armata?

Ma andiamo al sodo: è vero che per la pace bisogna prepararsi alla guerra? Beh, a volte ha funzionato, tipo durante la Guerra Fredda, dove arsenali atomici da incubo hanno evitato scontri diretti tra USA e URSS. Altre volte, però, è stato un disastro: armi ovunque hanno acceso la miccia della Prima guerra mondiale, spingendo nazioni a litigare invece di chiacchierare. E non mancano le critiche – come il ribaltone "si vis pacem, para pacem" – che grida: se vuoi la pace, preparala davvero, non armati per dominare! In fondo, è un po’ come dire che non tutte le armi portano rose e pace.

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