Svelato lo scandalo culinario: I “biscotti della fortuna” non sono cinesi, ma un’invenzione yankee con dramma legale e accuse volate! Un cuoco giapponese contro un cino-americano in una battaglia da tabloid – chi è il vero genio? #BiscottiFortuna #CucinaControversa #StoriaVirale
Preparatevi a uno shock: Molti ristoranti cinesi sparsi per l’Europa e gli USA amano rifilarvi questi “biscotti della fortuna” alla fine del pasto, come se fossero un’antica tradizione asiatica. Sono quelle sottili cialde che, crack, svelano un bigliettino con frasi motivazionali o numeri “portafortuna” – ma indovinate un po’? In Cina e Giappone, questi aggeggi sono praticamente introvabili! Il motivo? La loro origine è tutta americana, inventati da un cuoco giapponese a San Francisco all’inizio del ‘900, senza un briciolo di vera eredità asiatica. Che ironia, eh?
La disputa si infiamma con Makoto Hagiwara, che nel suo locale, il “Golden Gate Park Japanese Tea Garden” (ancora aperto, per chi vuole fare un pellegrinaggio), iniziava a servire tè con questi biscotti nella prima metà del Novecento. Ma attenzione, non è una storia pulita: si è fatto avanti anche il cino-americano David Tsung Jung, capo della “Hong Kong Noodle Company” di Los Angeles, che giurava di aver creato biscotti con frasi bibliche per i disoccupati nel 1918. La cosa è degenerata in una vera e propria guerra, culminata nel 1983 alla “Court of Historical Review” di San Francisco – che, diciamolo, è più un circolo di storici ficcanaso che un tribunale vero, senza valore legale. Eppure, hanno decretato Hagiwara come vincitore, forse perché gli stava simpatico.
E qui arriva il tocco piccante: In Giappone ci sono i “senbei”, cracker salati o dolci con biglietti portafortuna, che assomigliano un sacco ai nostri biscotti in questione. Magari è per questo che la corte ha dato ragione a Hagiwara – una mossa che fa storcere il naso, come se stessero dicendo: “Ehi, è roba nostra, non copiatela!” Indipendentemente da chi ha vinto, questi dolcetti sono esplosi di popolarità negli USA e poi in Europa, con ristoranti cinesi (e qualche giapponese) che li hanno adottati come omaggio finale, ingannando tutti a credere in un’origine antica e mistica. In realtà, è solo un trucco commerciale made in USA, e chissenefrega dell’Asia originale – che furberia!