Negli anni ’60, un giovane chimico di nome Gordon Moore, che in futuro avrebbe co-fondato Intel diventando un pioniere della microelettronica, formulò una previsione destinata a rivoluzionare l’industria dei semiconduttori.
La sua celebre “legge di Moore”, presentata nel 1965, prevedeva che il numero di transistor all’interno di un microchip raddoppiasse annualmente. Questo incremento avrebbe comportato un parallelo potenziamento della capacità di calcolo. I transistor, che sono fondamentali per il funzionamento dei microchip, consentono di gestire e manipolare i segnali elettrici; quindi, una maggiore integrazione di transistor in uno spazio ridotto contribuisce a un dispositivo più potente.
Sorprendentemente, questa previsione, inizialmente pensata per un decennio, ha mantenuto la sua validità nel corso degli anni, sfidando le aspettative di Moore stesso. Tuttavia, la questione oggi è se la “Legge di Moore” sia ancora rilevante e quali potrebbero esserne i limiti.
Il concetto di legge di Moore
Nel 1965, Moore ricevette un incarico dalla rivista Electronics per elaborare delle previsioni sugli sviluppi del mercato dei semiconduttori. Notando che il numero di componenti nei circuiti integrati raddoppiava annualmente, prospettò che entro il 1975 i microchip avrebbero potuto contenere fino a 65.000 componenti. Più precisamente, nel suo articolo “Inserire più componenti nei circuiti integrati”, dichiarò che:
La complessità di un microcircuito, misurata dal numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi, quadruplicando quindi ogni 3 anni.
Nel 1975, di fronte a una lieve decelerazione nella crescita, Moore rivedette la sua previsione, suggerendo che il raddoppio si sarebbe registrato in un intervallo di 18-24 mesi.
Grafico che illustra la “Legge di Moore”. Credit: Encyclopædia Britannica.
I limiti attuali della “Legge di Moore”
Ci si interroga ora sulla validità della “Legge di Moore” nell’era contemporanea. In un’intervista del 2005, Moore stesso rispose a questa domanda con una riflessione sulle dimensioni dei transistor, sottolineando che stavamo raggiungendo la barriera fisica rappresentata dagli atomi. Pur affermando che ci vorranno ancora due o tre generazioni prima di arrivare a quel punto, evidenziò che ciò costituirà il massimo sviluppo tecnico osservabile:
In termini di dimensioni [dei transistor], stiamo approcciando le dimensioni atomiche, una soglia fondamentale. Abbiamo ancora da 10 a 20 anni prima di toccare un limite intrinseco; a quel punto sarà possibile costruire chip più grandi e lavorare con miliardi di transistor.
Secondo la considerazione di Moore, è evidente che i limiti della sua legge sono di natura fisica. La miniaturizzazione continua dei transistor comporta una diminuzione della tensione di alimentazione e può dare origine a surriscaldamenti o interferenze. Inoltre, la necessità di una precisione estremamente elevata diventa sempre più complessa man mano che le dimensioni dei transistor diminuiscono. Infine, la realizzazione di transistor più piccoli degli atomi è fisicamente impossibile; pertanto, sebbene la “Legge di Moore” continui a essere valida, è inevitabile che essa venga superata in futuro.