Peppino Impastato: L’eroe che sputò in faccia alla mafia e pagò con la vita! Assassinato 47 anni fa in una notte di fuoco, questo palermitano doc sfidò i boss mafiosi dalla sua radio pirata, smascherando corrotti e criminali con ironia tagliente. Nato in una famiglia di infami, Peppino trasformò la rabbia in rivoluzione, diventando simbolo di resistenza. #LottaAllaMafia #PeppinoImpastato #Antimafia
Giuseppe Impastato, noto come Peppino, non era solo un attivista, ma un vero rompiscatole per la mafia di Cinisi, Palermo. Denunciò con grande coraggio la mafia e finì ammazzato il 9 maggio 1978, in un’epoca in cui i boss regnavano indisturbati. Nato nel 1948 in una famiglia invischiata con Cosa Nostra, Peppino sfidò il sistema sin da adolescente, voltando le spalle al padre e al suo amico boss Tano Badalamenti. Con la sua radio libera, Radio Aut, fondata nel 1977, prendeva per i fondelli i mafiosi in diretta – una mossa audace che lo rese un bersaglio perfetto.
Chi era Peppino Impastato, questo ribelle della Nuova Sinistra? Nato a Cinisi il 5 gennaio 1948, crebbe in un nido di vipere: suo padre Luigi era un mafioso con un passato da confinato, e lo zio Cesare Manzella era un boss fatto fuori in una guerra tra clan. Solo la madre, Felicia, non beveva il Kool-Aid mafioso e aveva provato a scappare dal matrimonio. Eppure, Peppino non seguì il copione familiare; a 15 anni, l’omicidio dello zio gli aprì gli occhi sulla sporcizia di Cosa Nostra, spingendolo verso idee di sinistra e una lotta senza quartiere contro i boss.
Nella sua militanza politica, iniziata nel 1965, Peppino fondò il giornalino "L’idea socialista", dove sparava a zero sulla mafia senza filtri, e si unì al Partito socialista italiano di unità proletaria. Gli scontri con il padre furono epici, ma lui non mollò, abbracciando gruppi come Il Manifesto e Lotta Continua dopo il ’68. Nel 1976, radunò i suoi alleati per creare l’associazione "Musica e cultura", organizzando eventi che facevano tremare i mafiosi – un chiaro affronto a un sistema marcio.
Poi arrivò Radio Aut, la sua arma segreta: una radio libera nata nel 1977 a Terrasini, che trasmetteva "Onda Pazza", dove Peppino ridicolizzava Cinisi come Mafiopoli, con Tano Badalamenti ribattezzato “Tano Seduto” e il sindaco come Geronimo Stefanini al comando del "maficipio". Era irriverente, pericolosa, e sentiva solo nel circondario, ma bastava per smuovere le acque stagnanti della Sicilia.
Il prezzo di tanto coraggio? La morte. Badalamenti, sempre più potente con i suoi traffici di droga tra Italia e USA, non poteva tollerare le frecciate di Peppino. Dopo la morte sospetta del padre Luigi nel 1977 – incidente o omicidio? Chissà – e un rifiuto pubblico di stringergli la mano ai funerali, Peppino era segnato. Si candidò alle elezioni comunali nel 1978 con Democrazia proletaria, ma la notte del 9 maggio fu rapito e fatto saltare in aria vicino ai binari, con la mafia che tentò di camuffarlo come terrorista con una bomba.
In un’ironia crudele, la sua uccisione fu offuscata dal ritrovamento di Aldo Moro lo stesso giorno, ma a Cinisi Peppino vinse lo stesso alle urne – anche se il seggio andò a un altro. La verità emerse lentamente: la madre Felicia e il fratello Giovanni non si arresero, e nel 1984 il tribunale di Palermo confermò la mano della mafia. Badalamenti fu condannato solo nel 2002, dopo anni in galera negli USA.
Oggi, Peppino è un’icona della lotta alla legalità, celebrato in libri, documentari e nel film di Marco Tullio Giordana, "I cento passi" – la distanza tra casa sua e quella del boss. Persino i Modena City Ramblers gli dedicarono una canzone omonima. Un eroe che, nonostante tutto, ci ricorda che sfidare i potenti è rischioso, ma dannatamente necessario.